Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Il sospetto anticamera dell'intolleranza nella Sicilia che dovrebbe rileggere Voltaire

Il Parlamento siciliano

Sarebbe forse utopistico e velleitario richiamare il “Trattato sulla tolleranza” di Voltaire come antidoto al clima di caccia alle streghe - acuito dalla pandemia - che si sta insinuando nei rapporti sociali. L’ultima settimana in Sicilia ha amplificato questa pericolosa deriva, perché le forme più esasperate e violente non sono rimaste confinate nel cono d’ombra dei social, laddove covano le pulsioni sfrenate della piazza. No, il vortice ha contagiato le istituzioni, fagocitate dal processo di imbarbarimento che si nutre d’intolleranza, uniformate dal miscuglio avvelenato che dilaga nelle arene virtuali. Quella “superstizione” (così la definiva Voltaire) che ha trovato linfa nell’inchiesta sui dati Covid taroccati, innescando una spirale di reazioni che ha intossicato anche  il Parlamento siciliano. Così Musumeci, nella sua fase più vulnerabile, ha dovuto fare i conti con i “cecchini” della sua maggioranza che hanno boicottato la Finanziaria regionale  e con l’offensiva dell’opposizione culminata nel tentativo di spallata al governatore. Ma la reazione del presidente non si è sottratta all’escalation, anzi l’ha cavalcata invocando una sano garantismo per l’ex assessore Ruggero Razza e rinfacciando al Pd le ombre lasciate da Crocetta e Lumia. È il meccanismo del "puro più puro che ti epura"  - coniato da Pietro Nenni - fondato sul giudizio sommario. La tolleranza di Voltaire rifletteva l'ansia di approfondimento per arginare il fanatismo religioso. E come nella Francia del Settecento, dove pregiudizio e condanna preventiva erano le armi dei contrasti ideologici, così oggi in Sicilia la demolizione dell'avversario è l'obiettivo della lotta politica.

Ma chi interpreta ruoli di responsabilità pubblica  dovrebbe evitare di assecondare i "pruriti" della piazza, garantendo – invece - uno stile istituzionale a senso unico, non a corrente alternata. Ha ragione il governatore Musumeci a pretendere equilibrio e prudenza nell'inchiesta sui dati Covid manipolati. Ha torto, invece, quando si scaglia contro il deputato indagato urlandogli all'Ars: «Mi auguro che di Lei si occupino ben altri palazzi». Così come il voto segreto all'Assemblea regionale, ieri  «prerogativa democratica dei deputati» e oggi «strumento mafioso», secondo il governatore. È in questa doppiezza di una distorta questione morale (ma  vale anche per l'opposizione) che si insinua l'ombra del sospetto, longa manus di un'intercettazione o di un avviso di garanzia, anticamere della "verità".  L'effetto domino di questo cortocircuito si rivela nei linciaggi coram populo che ai tempi di Voltaire si traducevano in torture e impiccagioni. E oggi? Siamo davvero sicuri di essere così distanti dalla radice di quelle violenze?

Caricamento commenti

Commenta la notizia