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Barbagallo: «Il Pd siciliano è unito. De Luca? Osservato speciale»

Intervista al segretario regionale del Partito Democratico: dal campo largo col M5S al Fronte di liberazione da Musumeci. «Il sindaco di Messina è alternativo al centrosinistra. A destra aspettano solo Salvini»

Anthony Barbagallo, mentre inizia una lunga stagione elettorale, anche la Sicilia è chiamata alla sfida politica più importante di questi e dei prossimi anni, il Pnrr. E la maggioranza, a Palermo, litiga.

«Non è una novità che il centrodestra litighi. Litiga su tutto, sulle riforme, ora sul riparto dei fondi, che più che guardare allo sviluppo della Sicilia, è una ripartizione elettorale, con un evidente favore, e lo dico da deputato di quel collegio, nei confronti della provincia di Catania. Molti interventi ricadono nei collegi elettorali degli assessori regionali. C’è da vergognarsi. Il governo nazionale, col lavoro straordinario fatto dai ministri Provenzano e De Micheli, aveva dato una visione in termini di sostenibilità, ambiente, trasporti. E invece la Regione cerca scorciatoie, per favorire l’amico, il collegio elettorale. L’ennesimo pasticcio del centrodestra».

Altro pasticcio di cui ha parlato spesso è la gestione della pandemia.

«Ci dobbiamo ricordare da dove siamo partiti. La Sicilia è stata l’ultima a dare i dispositivi di sicurezza ai medici e agli infermieri. Nell’estate 2020 si festeggiava la fine della pandemia con provvedimenti di tutti tipi, nessun controllo, e nell’ultimo fine settimana di ottobre, con già migliaia di contagiati, il governatore celebrava in pompa magna Ambelia. Si è pensato di utilizzare anche la pandemia ai fini elettorali, se a prevalere era la paura, Musumeci faceva il sindaco sceriffo, se invece la gente non vedeva l’ora di uscire, l’atteggiamento era opposto. E poi quest’estate: le opposizioni per prime hanno chiesto che venissero fatti più controlli, negli aeroporti, nei porti, nelle stazioni. Musumeci ha risposto solo con un’ordinanza in ritardo insopportabile, con quel divieto di accesso agli uffici pubblici senza green pass, poi rimangiato dopo tre giorni. E mercoledì inizia la scuola, mandiamo i nostri figli in classe in un contesto di grande improvvisazione».

L’assist l'ha fornito lei, parlando di sindaco sceriffo. Vogliamo parlare di questa famosa granita nella sua Pedara con Cateno De Luca?

«Non ho nulla da nascondere, non lo avrei incontrato nel bar più famoso del mio paese. Ci sono grandi strumentalizzazioni, ma le cose sono alla luce del sole. Il Pd è alternativo a De Luca ed è unico, a Messina, a Palermo come a Pedara. I consiglieri comunali e il partito stanno facendo a Messina un lavoro egregio. Parimenti il deputato che fa riferimento a De Luca, Danilo Lo Giudice, a differenza di tanti altri sta facendo opposizione vera a Musumeci, è stato determinante in alcuni casi. E tra forze che sono all’opposizione, è giusto che ci sia un confronto, per condividere la strategia di opposizione. Sicuramente De Luca è un osservato speciale della politica siciliana, perché attorno a lui si può formare un terzo o un quarto polo, certamente alternativo al Pd e al centrosinistra, ma che può condizionare pesantemente il destino delle elezioni regionali. Bisognerà capire se De Luca e altri soggetti asseconderanno l’idea, che ormai si respira in tutte le segreterie politiche del centrodestra, di cambiare cavallo».

Sembra che si incrocino due strategie. Una sua, volta a spaccare il centrodestra, e una di De Luca esattamente uguale e contraria, per spaccare il centrosinistra. Ma col Pd messinese lei si è chiarito?

«Io non ho una strategia, il dialogo politico tra il Pd siciliano e De Luca è stato sempre escluso, poi se qualcuno vuole farci litigare sui giornali è un altro argomento. Certamente il rapporto con tutta la federazione di Messina è ottimo e la pensiamo tutti allo stesso modo».

Colpa sempre dei giornali, quindi.

«Non dico questo, bisogna raccontare le cose per come sono. Il nostro compito ora è tenere unito il centrosinistra e allargare la coalizione al Movimento 5 Stelle. Non sarà facile, si danno per scontate cose che scontate non sono».

Tra poche settimane ci sono le Amministrative e il cosiddetto modello Termini siete riusciti a riproporlo in alcuni comuni, ma in altri no. C’è da capire come e fino a che punto può configurarsi questo famoso campo largo.

«L’anno scorso coi Cinquestelle abbiamo fatto l’alleanza in due comuni, quest’anno la facciamo nella metà dei comuni sopra i 15 mila abitanti in cui si va al voto. Si parla poco di Adrano, 40 mila abitanti, sfida dall’importante prestigio politico. Andiamo insieme a Caltagirone, Lentini, a San Cataldo, ci sono intese a Favara. C’è un dialogo continuo e costante. Non solo il centrosinistra unito, ma col M5S, quindi un campo abbastanza largo. E poi dovrebbero battere un colpo alcune forze riformiste che sono state all’opposizione di Musumeci, come Italia Viva, Azione, +Europa, anche in vista di elezioni importanti come quelle di Palermo».

Lei aveva definito Italia Viva una realtà politicamente dissolta.

«Il passaggio di qualche parlamentare alla Lega ho l’impressione che abbia inflitto un colpo non indifferente, però Italia Viva potrà dare un segnale di condivisione a partire dalle elezioni di Palermo».

A proposito di M5S, uno degli storici cavalli di battaglia è il reddito di cittadinanza. Ma le inchieste sui cosiddetti furbetti non si fermano. Cosa non va?

«Più volte mi sono espresso favorevolmente al reddito. Parliamoci chiaro, se non ci fosse stato il reddito di cittadinanza, soprattutto in Sicilia, avremmo avuto condizioni di emergenza sociale seria. È stato uno strumento vero di contrasto alla povertà, un argine allo sfruttamento dei lavoratori. Una risposta la dovrebbero dare i Comuni, perché su 394, soltanto 52 hanno presentato i progetti del reddito. E e il Governo riuscisse a migliorare la misura, con un impiego anche a sostegno della Pubblica amministrazione, sarebbe una soluzione».

Altro argomento storicamente divisivo, anche all’interno dei partiti, è il Ponte sullo Stretto. Come si può arrivare ad una decisione netta, sì o no?

«Io faccio politica ormai da trent’anni, ho sempre detto di essere a favore del Ponte. Più volte ne abbiamo parlato con Paola De Micheli, che tornerà in Sicilia il 19 settembre e quella sarà l’occasione per ribadire l’impegno del Pd su questo tema delle infrastrutture. È vero che nel nostro mondo c’è qualche incertezza “tradizionale”, però la presa di posizione anche dei nostri alleati, in prospettiva, credo possa dare un valore aggiunto».

Tornando ai vari dialoghi. Parliamo di Claudio Fava, lei auspica un percorso comune senza fughe in avanti, ma c’è anche chi parla di boicottaggio.

«Ho sempre detto che Fava è una risorsa, ma è chiaro che, a proposito del campo largo, bisogna prima di tutto decidere il percorso. Il Pd è la casa delle primarie, ma ci sono anche forze che spingono per una soluzione condivisa. In questo scacchiere non è indifferente la scelta del Movimento 5 Stelle, e l’indicazione di un coordinatore regionale, subito dopo le Amministrative, potrebbe essere un momento importante per accelerare. Io dico solo che Pd e M5S, insieme, raggiungono circa il 40 per cento. Bisogna fare i conti anche con i numeri».

Le primarie sono ancora la strada maestra? Perché non di rado si sono rivelate, invece, una strada sanguinosa.

«Strada sanguinosa è una definizione pertinente, per quanto successo negli anni. Però mi affascina molto l’idea che tra febbraio e marzo si possa celebrare la liberazione da Musumeci con una grande festa di democrazia. Magari con la partecipazione di importanti nomi femminili per la presidenza della Regione. Se poi ci saranno scorciatoie e soluzioni di ampia condivisione, le valuteremo».

Lei usa spesso questa definizione, “Fronte di liberazione da Musumeci”. Ma cosa significa oggi essere realmente alternativi a Musumeci?

«Il peccato più grave di questo Governo è l’incapacità di ascolto. Ormai nessuno contesta che il governatore non chiami attorno al tavolo i suoi alleati, figuriamoci se chiama le opposizioni. È chiuso nella sua stanza, con i suoi farisei, pronto a colpire e a trovare un capro espiatorio, che spesso sono i sindaci».

Di questo “Fronte” lei dice sempre che non può far parte chi siede, oggi, nella Giunta di governo.

«È fallita miseramente l’operazione centrista, un balletto di forze e forzine parlamentari che hanno uno o due deputati, gente che ha cambiato due o tre partiti o schieramenti. Di questo sedicente gruppo faceva parte gente che continua a sostenere il governo più di destra della storia della nostra regione. Quindi di moderato, i vari Cordaro, i vari Turano, i vari Lagalla, non hanno un bel nulla».

Anche con Raffaele Stancanelli ci sarebbe il rischio di un governo sbilanciato a destra?

«Mi sono fatto l’idea che la strada sia già tracciata, buona parte della destra ormai aspetta soltanto l’indicazione di Salvini sul nome del candidato alla presidenza della Regione. Non è più in campo nemmeno l’ipotesi di Stancanelli. Aspettano tutti proni la decisione di Salvini, ma io credo che i siciliani staranno attenti questa volta. Anche perché se Musumeci è il protagonista del disastro, ci sono state connivenze importanti da parte di questo ceto politico che ora prova a cambiare cavallo».

Andrà all’assemblea di Sicilia Vera?

«Certo che ci andrò. Ripeto, De Luca continua ad essere un osservato speciale. Siamo andati anche in assemblee di Forza Italia, perché non andare dove siamo invitati? Fa parte della democrazia, ci andremo con le nostre idee e, se ce lo chiederanno, le esporremo».

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