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Si va verso l’election day in Sicilia? Grillini e Pd a un passo dalla rottura

Nell’Isola dopo le primarie salgono le tensioni nel campo progressista

«Uniti anche a Roma o divisi pure in Sicilia»: ora i grillini sfidano il Pd. Lo ha fatto Giuseppe Conte nella notte che ha visto i 5 Stelle sconfitti alle primarie e lo ha ribadito ieri Nuccio Di Paola, che guida il movimento nell’Isola. E così a 24 ore dai gazebo (virtuali) l’alleanza è a un passo dall’essere rotta.
Conte ha parlato mentre Enrico Letta, e anche Dario Franceschini, rilanciavano sui social l’opportunità di abbandonare i 5 Stelle, rei di «draghicidio». E così il capo politico dei grillini ha ribaltato l’ultimatum, spostando sul campo siciliano – dove è più forte il loro peso specifico – la minaccia di rottura: «Prima di percorrere ancora la strada di un’alleanza progressista in Sicilia il Pd dovrà fare chiarezza sui suoi obiettivi e dire se l’agenda sociale e ambientale del M5S è condivisa o se ormai i percorsi e i compagni di strada sono altri, in linea con gli insulti e le dichiarazioni di questi giorni. Per noi quello che succede a Roma succede a Palermo».
Va detto che i grillini siciliani ieri hanno dato una chiave di lettura diversa da quella che risulterebbe immediata: «Conte non vuole rompere – illustra Giampiero Trizzino – ma vuole che il patto siglato in Sicilia si estenda a Roma». La leva per spingere il Pd a rivedere le scelte romane sarebbe quella di una evidente difficoltà in Sicilia: «Ormai pare chiaro che si andrà all’election day. Dunque – argomenta Di Paola – come faremmo a spiegare ai nostri elettori che nella scheda per le Politiche siamo da soli e in quella per le Regionali con il Pd? Se il Pd continuerà ad attaccare Conte e il M5s le strade si divideranno, sia a livello nazionale che regionale».
L’ipotesi di una corsa solitaria in Sicilia piace a molti grillini. Soprattutto perché c’è la convinzione che con un ruolo di forza di opposizione i consensi crescano. E poi perché potendo piazzare alle nazionali più deputati e senatori nei vari collegi aumenterebbero le chance degli uscenti. Che sono tanti (53 dopo l’exploit del 2018) e quasi tutti rischiano di restare fuori dal nuovo Parlamento.

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