Sabato 27 Aprile 2024

In Sicilia la questione morale manda in tilt il Pd

Attaccato da un fronte amico sulla questione morale, costretto all’angolo dai grillini che ancora una volta hanno preso tempo e rinviato l’annuncio del rinnovo del patto elettorale almeno in Sicilia. Per il Pd è stata una giornata in cui tutta l’impalcatura costruita nell’ultimo anno ha rischiato di crollare. E per questo motivo in serata il segretario Anthony Barbagallo è stato costretto a rinviare per la terza volta in pochi giorni la riunione della direzione che dovrebbe dare il via libera a liste e manovre per le Regionali del 25 settembre. Il partito è già sotto pressione per via dello scontro interno maturato su tre candidature di peso nelle liste per l’Ars. Sono quelle del capogruppo Giuseppe Lupo, dell’ex assessore regionale Luigi Bosco e di una figura storica dell’area etnea, Angelo Villari. Tutti per vari motivi sotto processo e per questo colpiti dal divieto imposto dalla candidata presidente Caterina Chinnici («voglio liste pulite»). Un divieto in questo caso ritenuto eccessivo anche dall’ex presidente dell’Antimafia Claudio Fava che ha parlato di «reati minori» e rischio di «deriva giustizialista». La direzione regionale ieri avrebbe dovuto discutere anche di questo. Malgrado il segretario Barbagallo abbia provato a derubricare il caso: «Sui candidati sotto processo deciderà il Pd al proprio interno. Non è un problema». In realtà il tema questione morale è deflagrato ieri. Perché Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso a Capaci, ha criticato le scelte che il centrosinistra ha fatto sulle candidature alle primarie e quindi alla presidenza della Regione. Secondo la Falcone bisognava puntare sull’ex procuratore di Palermo e presidente del Senato Piero Grasso: «Mi preoccupa il calo di attenzione verso le questioni della legalità che importanti forze politiche hanno mostrato nelle ultime campagne elettorali locali e nazionali». Tanto più, secondo la Falcone, dopo che il centrodestra ha scelto di puntare su Renato Schifani: «Se da un lato non si è ritenuta una discriminante nella scelta della candidatura alla presidenza la condizione di imputato in un processo delicato, dall'altro si è scelto di non candidare personalità come quella di Piero Grasso che della lotta alla mafia ha fatto una ragione di vita». Per Maria Falcone «escludere chi può dare un contributo fondamentale nella politica di contrasto alle mafie è un segnale pericoloso. Parlare e riempirsi la bocca di proclami non basta». Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina

leggi l'articolo completo