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Domenico, il maresciallo di Spadafora che con la sua bici porta il vessillo di chi fa del bene

Domenico Romano

Una corsa in bici. Da Spadafora a Londra. Per andare oltre i propri limiti, oltre il pregiudizio di chi sussurra con tono disfattista “chi te lo fa fare”. E soprattutto per scardinare quel concetto che i professionisti dell'informazione conoscono bene, “Good news is no news”, portando in alto il valore della solidarietà.

Domenico Romano, maresciallo della guardia di finanza, con l'adrenalina a 1000, ha intrapreso il suo viaggio lo scorso 6 giugno: «L' idea - ha raccontato - è nata quasi per gioco. A mio figlio, che purtroppo, come molti giovani del Sud e non solo, è stato costretto ad emigrare, raccontavo dei chilometri che percorrevo in bici. E un giorno mi disse: “Sì, però vorrei vederti venire a Londra pedalando”, e così ho deciso di sfidarlo».

Domenico, però, molto attento al sociale, ha deciso di dare un senso alla sua avventura e raccontare la storia di quattro associazioni e raccogliere fondi per comprare un'ambulanza per la Misericordia di Spadafora: «Il viaggio avrà anche uno scopo per me nobile, far conoscere l'Admo e l'importanza della donazione del midollo osseo, la Misericordia di Spadafora, una delle poche associazioni che oltre ad occuparsi del trasporto dei disabili e degli ammalati è stata molto attiva in occasione dell'alluvione della nostra zona. E ancora il Comitato fibromialgici uniti e l'associazione "Fabrizio Ripa" che si occupa di ricerca del sarcoma di Ewing e dei tumori infantili».

Il biker speciale li definisce tutti angeli silenziosi ma invisibili, che ogni giorno mettono il bene più prezioso, il tempo, per migliorare il mondo in cui viviamo e che spesso faticano a trovare visibilità sui giornali. E lui stesso si definisce cristiano e crede che la miglior religione sia quella del “dare”: «Portare i vessilli di chi fa del bene è un modo per dargli voce, anche se è paradossale che bisogna "inventarsi" una pazzia per far emergere il bello che c' è. Giovanni Ripa ad esempio ha perso il figlio per una brutta malattia e poteva reagire in modo diverso: chiudersi nell'uscio di casa, ma invece ha trasformato il suo dolore in forza e speranza».

In effetti, sottotraccia, Fabrizio Ripa, che sta viaggiando nei cuori e nelle cronache di tutta Italia, morto a 16 anni, sta smuovendo le coscienze di molti. E nel 2009 ottenne anche l'abbraccio di Max Pezzali, che per il suo compleanno si è materializzò al Meyer di Firenze dove era ricoverato: «Con zia Caterina, (la fatina che porta il suo sostegno ai bambini affetti da patologie oncologiche) che ho incontrato a Firenze, ed è stata molto vicina a questo ragazzo, parlavamo proprio del volontariato. E comunque è bello sentir parlare di storie positive, come voi fate».

Da cronoprogramma l'arrivo è previsto, se non ci saranno intoppi, per il 7 luglio: «Mi aspettano ancora delle tappe molto impegnative come il passo della Cisa e le Alpi, ma sono felice perché tantissime persone mi stanno sostenendo e dando la carica per andare avanti e io cerco di rispondere a tutti anche tramite i miei canali social. Quando arriverò a Londra incontrerò il console che firmerà le bandiere che mi sto portando».

Il giovane nello spirito (di anni ne ha quasi 50), ha voluto ricordare che questa sua esperienza deve rappresentare un monito per tutte le giovani generazioni che spesso non vedono risultati immediati e si abbattono: «Con la forza di volontà si può fare tutto, - conclude - in qualsiasi campo, non soltanto in quello sportivo. Anche per compiere l' impresa più strana che ti viene in mente, però, è necessario impegnarsi. Certo, io devo dire grazie anche a mia moglie che mi sopporta e mi supporta».

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