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Messina, fuga al Nord: nel 2050 meno di 200 mila residenti

Ogni Report ormai è come un fotografo che entra nella scena del crimine e scatta immagini di un efferato delitto già compiuto. I dati Svimez riguardanti lo spopolamento del Sud e della Sicilia in particolare fotografano l’esatta situazione al 2019 ma non aggiungono niente rispetto a ciò che già si sapeva.

C’è un’emergenza, vera, concreta, eppure celata, nascosta tra le pieghe del giorno per giorno, che nessuno sa come affrontare: è quella demografica. E Messina è una città paradigmatica di quanto sta avvenendo nelle regioni meridionali e nelle contrade dell’Isola. Solo qualche mese fa è stato pubblicato il Bilancio demografico comunale del 2018, redatto dall’Ufficio di statistica di Palazzo Zanca, con i suoi numeri «crudi e crudeli», messì lì in fila a raccontare di un capoluogo che continua a spopolarsi, che è sempre più vecchio, in cui si fanno sempre meno figli.

Al 31 dicembre scorso, il dato della popolazione residente a Messina era il seguente: 232.555 abitanti (111.558 maschi e 120.967 femmine), con un costante decremento di meno 1.738 abitanti (-0,7%) rispetto al 2017 e addirittura di meno 10.359 unità (-4,3%) dall’anno 2011.

Tra gli esperti di demografia, c’è chi si è divertito (è solo un eufemismo) a proiettare su scala futura questi dati: se non ci sarà al più presto un’inversione di tendenza, tenendo conto che le percentuali del decremento vanno sempre più aumentando (la fuga dei giovani, la natalità tra le più basse d’Italia) la Messina del 2050 potrebbe ritrovarsi con meno di duecentomila residenti. Sarebbe come l’effetto di un cataclisma: da oltre 250 mila abitanti degli anni Novanta-inizio Duemila a meno 250 mila. Come se ci fosse stato un altro terremoto del 1908.

L’unica barriera al depauperamento demografico è rappresentata da alcune comunità straniere residenti in città, in particolare quelle asiatiche, srilankesi e filippine, che rappresentano quasi il 60 per cento delle presenze. Gli stranieri complessivamente sono oltre 12 mila, la tendenza di crescita, pur non esagerata, è abbastanza netta e se continuerà a salire come è avvenuto negli ultimi anni, entro il 2035 dovrebbero essere più di ventimila, poco meno di trentamila nel 2050. Sono previsioni che lasciano, per ora, il tempo che trovano, ma forniscono un quadro realistico di una città che, lo ripetiamo, fra trent’anni potrebbe avere meno di duecentomila abitanti e di questi trentamila di provenienza straniera, con oltre la metà costituita da srilankesi e originari delle Filippine.

Nè vale il principio di chi sostiene che «meno bocche ci sono da sfamare, meglio si vive». Al pauroso calo demografico non è corrisposto alcun aumento dei livelli di qualità della vita, anzi l’esatto contrario: sono cresciute a dismisura le soglie di disoccupazione e lavoro nero e le sacche di povertà.

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