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Messina, parla per la prima volta suor Maria Agostina da 60 anni in clausura

Tra gli impegni in cucina e sacrestia, nel laboratorio e in lavanderia, lo studio, i momenti di preghiera con le comunità cittadine, ma anche il relax in terrazza tra chiacchiere confidenziali, il gioco e i canti accompagnati dal suono della chitarra di suor Letizia, una delle più giovani. “Celata dietro quelle sbarre di ferro”, la quotidianità delle 18 clarisse del monastero di Montevergine, sembra essere straordinariamente fuori dalla norma. A parlarcene è suor Maria Agostina Sperandeo del Divino Amore che, proprio qualche mese fa, ha celebrato il 60° anniversario di ordinazione.

«Avevo solo 5 anni quando - orfana di madre - fui portata in collegio perché mio papà, che aveva un'altra bambina di un anno e mezzo, non poteva crescermi. Fu così che entrai in contatto con il carisma dell'ordine religioso delle cappuccine di Termini Imerese, mia città natale. Una vocazione nata e cresciuta nella quotidianità delle piccole cose, non del tutto accettata almeno inizialmente da papà, che temeva fosse una conseguenza della mancanza della figura materna».

Lo sguardo commosso e la voce tremula, rivela l'attaccamento per una scelta “mai messa in dubbio”. «Crescendo capii che la mia chiamata era vera; seguire l'ordine era tutto ciò che volevo e sapevo che la mia mamma, da lassù, pregava per questo». A 15 anni suor Maria Agostina decise di entrare in convento e, un anno dopo, fece la prima vestizione. Dopo un anno di noviziato, il 18 maggio 1959 emise la professione semplice e il 12 agosto 1965 quella solenne. "Il Signore ha voluto in seguito che arrivassi al monastero di Montevergine per condividere con le mie consorelle il carisma di S. Eustochia che, con il suo esempio di vita, ha rafforzato sempre più la gioia della mia donazione", ha detto la clarissa.

Semplicità, serenità, ma soprattutto amore per la vita in nome di Gesù Crocifisso: è così che le religiose dell'ordine delle Sorelle povere di S. Chiara, fondato a Messina da Eustochia Smeralda Calafato, continuano a perpetuare quel carisma che, per la città dello Stretto, si è sempre tradotto in carità e impegno sociale. Ed è così che la comunità religiosa, continua a portare avanti gli insegnamenti della Santa in piedi. "Per tutte noi Eustochia è una presenza viva, ogni giorno ci parla, soprattutto quando alla nostra porta bussa una madre in difficoltà o vediamo sulle scale del nostro monastero un giovane che chiede di essere accolto». Ancora oggi c'è chi pensa che la clausura sia una condizione di “chiusura al mondo”, spiega la religiosa. «Come la luce filtra attraverso le imposte disegnando scie sempre nuove così, quelle grate a maglie larghe, ci permettono di accogliere i sorrisi, gli sguardi, di stringere le mani, di parlare con i tanti fedeli che vengono al santuario, facendo sì che il nostro amore per il Crocifisso sia un filtro di bellezza per il mondo".

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