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Quarantena – 4 Aprile 2020: Nubi sparse, anche oggi. Sembra che anche il meteo abbia gli stessi vestiti di ieri

Il "diario della quarantena" di Cristina Geraci, ogni giorno sulla Gazzetta del Sud i giorni di isolamento visti da una studentessa universitaria di Messina

Sveglia ore: 11:30
Sono caduta anch'io nella trappola dell'insonnia ieri notte. Mi giustifico, ricordando che era comunque un venerdì sera e avevo un'importantissima sfida da vincere: finire tutta la nuova stagione de "La casa di carta". Mesi fa, quando Netflix ha lanciato la data dell'uscita della serie, mi sono domandata ingenuamente cosa avrei fatto o cosa sarebbe cambiato durante quei mesi. Stamattina mi sveglio con più calma, cercando la forza nella mia testa per alzarmi, visto che il mio corpo intorpidito avrebbe tranquillamente passato la giornata a letto fingendosi parte del corredo lenzuola-piumone-cuscino-Cristina.

Come uno zombie mi dirigo in cucina, preparo il caffè e l'odore che esce dalla moka suggerisce ai miei sensi di attivarsi: è iniziata un'altra giornata.

La vista è soddisfatta, ho la fortuna di avere una bella finestra sul mare e sembra esserci tra le nuvole anche un po' di sole che colora il panorama.

L'olfatto è inebriato dall'odore del caffè, però pensandoci mi rattristo un po' perchè prima di arrivare in cucina, passando dal salone, c'è sempre stato un vaso con un'orchidea o un tulipano. Anche il mio olfatto ha dovuto rassegnarsi e accettare il fatto che il primo odore del mattino per un po' di tempo ancora sarà il caffè. Ma chi l'ha detto che i fiorai non sono un bene di prima necessità?

Vorrei reprimere la mia vena polemica, ma sembra impossibile visto che l'udito è disturbato dal rumore dell'aspirapolvere che mia mamma passa divertita per casa. Così decido di accendere il cellulare, mettere le cuffie, e far partire un po' di musica, per recuperare questo risveglio difficile.

Nella schermata del telefono, una delle mie canzoni preferite: Che vita meravigliosa – Diodato.

La prima notifica sotto il player della canzone è quella del mio oroscopo. Ogni giorno, anche quando dimentico di aprire l'app per vedere cosa gli astri hanno in serbo per me, ricevo una notifica con un messaggio da decifrare. A volte questo messaggio è semplicemente un consiglio, come "leggi un nuovo libro" oppure "manda un messaggio ad una persona che non senti da tanto tempo e che avresti voglia di sentire". Altre volte è un messaggio più severo, diretto, come quello che ho ricevuto qualche giorno fa "sei sicuro di star giocando le carte giuste o stai solo perdendo tempo?"

Quando sono arrivati i primi messaggi ero scettica, mi chiedevo come potesse un sistema che solo attraverso il mio segno zodiacale e il mio ascendente potesse creare algoritmi in grado di rimproverarmi o darmi giusti consigli. Dopo un po' di tempo passa tutto il mio scetticismo e rimango ogni giorno sempre più affascinata dai messaggi brevi ma coincisi che arrivano.

Oggi sono rimasta piacevolmente colpita dal messaggio che è arrivato: "Stai ancora vivendo e respirando, ricordatelo." Lusingata dal messaggio e soddisfatta del sapore che aveva il caffè, risvegliando anche il gusto, mi soffermo sulle parole che canta Diodato nella sua canzone:

"Che vita meravigliosa
Questa vita dolorosa
Seducente, miracolosa
Vita che mi spingi in mezzo al mare
Mi fai piangere e ballare
Come un pazzo insieme a te
E non vorrei mai lasciarti finire
No, non vorrei mai lasciarti finire"

Guardo il player della canzone e penso a tutto quello che per ora è stato messo in pausa, da questo virus. Come se la vita semplicemente fosse la schermata di una canzone: i due tasti "avanti" , "indietro", il volume, il tasto centrale "play" che se lo clicchi diventa "pausa". Come se fosse questo coronavirus a permettersi di premere i nostri tasti nel modo che vuole. Molte persone stanno soffrendo, sono state messe in pausa e combattono contro un nemico che prova a divorarle. Noi che scusa abbiamo invece? Non possiamo permetterci di farci mettere in pausa, al massimo possiamo farci abbassare un po' il volume.

Penso all'ultimo senso, il quinto, e a quanto pare quello che manca a più persone: il tatto.
La gente si rende conto di quanto sia difficile non poter toccare le persone che amano, sentiamo nella nostra testa le parole "un metro di distanza, usate i guanti e la mascherina, lavatevi le mani". E ci sentiamo fragili, ci domandiamo come tutto questo si evolverà e quando potremo toccarci di nuovo. Non ci resta che aspettare, accettare che il nostro volume sia stato abbassato, e provare a rialzarlo, con quello che la vita ci ha lasciato. Serviva proprio una pandemia per farci rendere conto della fortuna che abbiamo ad essere vivi?

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