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Così Messina si riforniva di droga dalla 'ndrina di Africo Nuovo - Nomi e foto

Così Messina si riforniva di droga dalla 'ndrina di Africo Nuovo - Nomi e fotoScipione l'Africano si guadagnò questo appellativo - il cognomen ex virtute - per aver guidato la trionfale campagna d'Africa dell'esercito romano. L'operazione “Scipione”, condotta all'alba di ieri dai carabinieri del Comando provinciale di Messina, ha portato, invece, a galla una campagna... d'Africo. Quella che ha avuto al centro, da un sponda all'altra dello Stretto, un costante traffico di droga - “condito” da una inquietante disponibilità di armi e da una serie di reati collaterali -, che ha palesato come siano ancora fitti i rapporti e floridi i canali di approvvigionamento che legano il mercato messinese alle ‘ndrine calabresi. In primis una delle cosche “tradizionali” della ‘ndrangheta, quella della triade Morabito-Bruzzaniti-Palamara di Africo Nuovo, appunto, in provincia di Reggio Calabria.

Diciannove gli arresti (diciotto in carcere, uno ai domiciliari) scaturiti dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Monia De Francesco, su richiesta della Procura distrettuale di Messina: le contestazioni vanno dall'associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti alla detenzione ai fini di spaccio, dalla detenzione e porto illegale di armi a reati contro il patrimonio.

Un'indagine che parte da lontano, quella avviata dal Nucleo investigativo del Comando provinciale dell'Arma. Da due episodi, in particolare, non ancora del tutto chiariti, ma che hanno indirettamente alzato il tappeto sotto cui si celava l'intera organizzazione. Bisogna sfogliare a ritroso le pagine di più calendari e fermarsi al 2016. Il primo dei due episodi avviene il 26 aprile ed è il ferimento a colpi di arma da fuoco di Carmelo Irrera, commerciante ortofrutticolo gambizzato - si disse allora nell'ambito di un maldestro tentativo di rapina - in via Marco Polo, a Contesse. Il secondo, che riguarda molto più da vicino i protagonisti dell'operazione “Scipione”, è datato 27 settembre 2016: nel tardo pomeriggio, un uomo, col volto travisato da un casco da motociclista, spara dei colpi di fucile a canne mozze contro alcuni clienti seduti a un tavolino del bar “Cafè sur la ville”, in viale Regina Margherita. Viene ferito lievemente solo un 37enne, ma a quel tavolino non ci sono quattro clienti qualunque: si tratta di Angelo Albarino, Stefano Marchese, Stellario Brigandì e Domenico Pirrotta.

Tutti e quattro, tornando al calendario 2020, fanno parte dell'elenco dei 22 indagati e 19 arrestati dell'operazione “Scipione”. E questo perché, indagando su quei due episodi del 2016, i carabinieri scoprono che quei “bersagli” erano implicati in ben altro. Proprio Angelo Albarino e Giuseppe Selvaggio, divenuto poi collaboratore di giustizia - e uomo chiave, di conseguenza, per chiudere il cerchio sulle indagini - erano a capo di un gruppo criminale che si riforniva stabilmente, addirittura con puntuali consegne a domicilio settimanali (ogni mercoledì), da elementi riconducibili alla ‘ndrina di Africo. E in particolare dai fratelli Salvatore e Costantino Favasuli e da Giovanni Morabito, nipote del “Tiradritto” Giuseppe, storico boss della ‘ndrangheta ionico-reggina.

Uno dei luoghi nevralgici di questa alleanza calabro-sicula era la paninoteca “di cui è titolare Albarino, “Il Panino” in via Cesare Battisti, che i carabinieri avevano iniziato a monitorare già dopo il ferimento di Irrera dell'aprile 2016. Qui venivano concordate le forniture di droga, qui avvenivano parte delle trattative (altra sede, più lontana, teoricamente, da occhi indiscreti era l'abitazione di Selvaggio, a Mili Marina). Qui si presentavano regolarmente i calabresi, senza alcun preavviso telefonico e quindi con un modus operandi collaudato, che tendesse ad escludere il rischio di contatti “intercettabili”, per le consegne o per raggiungere accordi. I Favasuli o Morabito arrivavano al locale senza salutare Albarino (che quasi sempre aspettava fuori), come se non si conoscessero o fossero clienti qualunque, quindi Albarino, dopo qualche minuto, li seguiva dentro la paninoteca. E qui si consumavano gli affari.

I carichi arrivavano puntuali ogni settimana dalla Calabria, nascosta nei doppi fondi delle auto. Una consegna a domicilio che, come se fossero pizze o prodotti di e-commerce, contemplava anche una maggiorazione sul prezzo. Albarino e Selvaggio, poi, si occupavano della distribuzione sul mercato attraverso una rete di pusher, ma il loro non era l'unico canale rifornito dai calabresi (documentato anche il rapporto con un altro gruppo di spacciatori facenti capo a Santo Salvatore, morto in carcere l'anno scorso, e Alessandro Duca, a sua volta legato da affari con gli stessi Selvaggio e Albarino).

Le indagini iniziano col tempo a spaziare, a “incrociare” altri ambienti criminali (anche i Batanesi di Tortorici, con in testa il “Uappo” Sebastiano Bontempo, acquistavano droga dal gruppo Albarino-Selvaggio), a svelare la pericolosità del filo rosso che lega Messina alla ‘ndrina di Africo. Il tutto viene poi confermato dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia: Giuseppe Minardi, elemento di spicco del clan di Giostra, cugino di Angelo Albarino, e soprattutto Giuseppe Selvaggio, che da co-conduttore della “campagna d'Africo” diventa, dopo l'arresto per usura avvenuto un anno fa, principale narratore delle gesta criminali del gruppo. Aggiungendo gli ultimi tasselli al puzzle dell'operazione “Scipione”.

GLI ARRESTATI: Angelo Albarino, 45 anni;Giovanni Bonanno, 47 anni;Stellario Brigandì, 52 anni;Fortunato Calabrò, 42 anni;Santo Chiara, 43 anni;Rinaldo Chierici, 49 anni;Roberto Cipriano, 53 anni;Giuseppe Coco, 43 anni;Alessandro Duca, 42 anni;Costantino Favasuli, 48 anni;Salvatore Favasuli, 46 anni;Adriano Fileti, 50 anni;Stefano Marchese, 43 anni;Giampaolo Milazzo, 49 anni;Giovanni Morabito, 37 anni;Francesco Spadaro, 40 anni;Maria Visalli, 42 anni;Marcello Viscuso, 49 anni;Orazio Famulari, 45 anni (arresti domiciliari).

GLI ALTRI INDAGATI: Domenico Pirrotta (42 anni), Rinaldo Pirrotta (41), Carmelo Russo (40), Giuseppe Selvaggio (50), Grazia Testa (48).

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