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Mafia di Barcellona, il pg chiede conferme di colpevolezza - Nomi e Foto

La piena conferma del quadro accusatorio sancito dalla sentenza di primo grado per quasi tutti gli imputati coinvolti. Per gli eventuali “aggiustamenti” delle condanne, cioé sul quantum della pena, un affidamento totale alla valutazione della corte.

È stato il giorno dell'accusa ieri mattina al processo d'appello per la maxi operazione antimafia “Gotha VII”, in questo caso per i trenta giudizi abbreviati. Ovvero l'ultima puntata dell'inchiesta con cui la Dda di Messina, insieme ai carabinieri del Ros e alla Polizia, ha svelato come la famiglia mafiosa barcellonese stesse cercando di ricompattarsi attorno a vecchie e nuove figure, imponendo estorsioni “a tappeto” tra Barcellona e Milazzo, a commercianti e imprenditori.

È stato il sostituto procuratore generale Santi Cutroneo a formulare la requisitoria per l'accusa, in un'aula attrezzata per l'emergenza coronavirus, dove anche tutti gli avvocati indossavano la mascherina protettiva e gli altri strumenti di sicurezza. Ha ripercorso la storia dell'inchiesta, poi ha chiesto al collegio presieduto dal giudice Carmelo Blatti di confermare pienamente le responsabilità di ognuno degli imputati, mentre per la quantificazione delle pene si è rimesso al giudizio del collegio.

Con due sole eccezioni: ha chiesto l'accoglimento dell'appello presentato dalla Procura antimafia contro l'assoluzione decisa in primo grado di uno degli imputati, Alessandro Maggio, che rispondeva in concorso di un'estorsione ad una sala giochi di Barcellona; e poi ha rimesso alla valutazione della corte la proposta di “pena concordata”, dando il suo consenso, avanzata da Santo Tindaro Scordino. Ma ieri si sono registrate altre richieste di “pena concordata”, su cui si saprà di più alle prossime udienze. Sempre ieri mattina è stato concluso il ciclo di interventi degli avvocati di parti civile, ovvero le varie associazioni antimafia e alcuni privati. Poi è stato stilato un calendario per consentire ai tanti difensori di intervenire, tra maggio (8, 15 e 19), e giugno (19 e 26).

In primo grado, nell'aprile dello scorso anno, fu il gup Salvatore Mastroeni all'aula bunker del carcere di Gazzi a chiudere il cerchio. E furono ventinove condanne per un totale di circa 180 anni di carcere e una assoluzione totale soltanto (quella di Maggio, n.d.r.), con pene che variarono da un anno e mezzo a 12 anni. La condanna più elevata (12 anni) fu disposta per Antonino D'Amico e Agostino Milone, 11 anni per Giuseppe Domenico Molino, 9 anni e 6 mesi per Mariano Foti, 9 anni a Sebastiano Chiofalo, Fabrizio Garofalo, Giuseppe Antonio Impalà. Fu condannato a 4 anni - in “continuazione” con un'altra sentenza -, il boss novarese dei Mazzarroti Tindaro Calabrese.

Le altre condanne: Antonino Antonuccio, 6 anni; Antonino Bellinvia, 3 anni; Santino “Gigi” Benvenga, 7 anni; Giovanni Calderone, 7 anni; Domenico Chiofalo, un anno e 6 mesi; Salvatore Chiofalo, 8 anni; Alessandro Crisafulli, 8 anni; Antonino De Luca Cardillo, 3 anni; Francesco Foti, 7 anni e 6 mesi; Massimo Giardina, 7 anni; Ottavio Imbesi, 5 anni; Carmelo Francesco Messina, 8 anni; Carmela Milone, 2 anni; Massimiliano Munafò, 4 anni; Antonino Polito, 2 anni; Salvatore Santangelo, 4 anni; Carmelo Tindaro Scordino, 8 anni; Tindaro Santo Scordino, 3 anni; Sergio Spada, 8 anni; Antonio Giuseppe Treccarichi, 4 anni; Carmelo Salvatore Trifirò, 4 anni.

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