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Traffico migranti tra Tunisia e Sicilia, 18 arresti. La frase choc: "Se c'è avaria buttateli a mare"

La Polizia di Stato di Caltanissetta, coordinata dalla locale procura - Direzione distrettuale antimafia, sta eseguendo 18 ordinanze di custodia cautelare personali - 12 in carcere e 6 ai domiciliari - disposte dal gip di Caltanissetta, per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L'operazione "Mare aperto"

La presunta associazione per delinquere, specializzata in 'viaggi' per migranti, che andava a prendere in Tunisia salpando dalla costa meridionale della Sicilia, secondo quanto ricostruito dalla squadra mobile di Caltanissetta con l’operazione 'Mare aperto', avrebbe avuto punti strategici dislocati in più centri dell’isola, come Scicli, Catania e Mazara del Vallo. Avrebbe impiegato piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo, condotte da esperti scafisti che avrebbero operato nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento, così da raggiungere le coste italiane in meno di 4 ore.

In caso di problemi "Buttateli a mare"

Se ci fossero stati problemi, come un’avaria al motore, gli scafisti avrebbero potuto «sbarazzarsi dei migranti in alto mare». Era l'indicazione data dagli organizzatori agli scafisti che partivano dalla costa meridionale della Sicilia per prendere migranti in Tunisia e portarli nell’isola. E’ quanto emerge da intercettazioni agli atti dell’inchiesta.

A capo un uomo e una donna

L’associazione per delinquere, promossa da un uomo ed una donna di origini tunisine già all’epoca dei fatti agli arresti domiciliari per analoghi reati, per i quali sono stati poi condannati in via definitiva. Con vari punti strategici dislocati in più centri siciliani, l'organizzazione avrebbe impiegato piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo e condotte da esperti scafisti, che avrebbero operato nel braccio di mare tra la Tunisia e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento, raggiungendo in poco tempo le coste italiane. La imbarcazioni di scafisti sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’Agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il «carico» di migranti.

Il quartier generale in una masseria di Niscemi

Secondo l’accusa gestivano l’attività da una casa di Niscemi. La base operativa della presunta associazione per delinquere è stata individuata alla periferia della cittadina, in una vecchia masseria, con annesso campo volo privato, il cui proprietario, un imprenditore agricolo niscemese, è tra destinatari della misura cautelare in carcere perché ritenuto tra i capi del sodalizio criminale. Nella struttura sarebbero stati ospitati anche gli scafisti provenienti dalla Tunisia e sarebbero state trasportate, con speciali autocarri, le imbarcazioni da impiegare per le traversate, che salpavano dal porto di Gela o dalle coste dell’Agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con i migranti.

I complici stranieri e le trasferte in Tunisia

L'uomo avrebbe anche eseguito l’assunzione fittizia di alcuni complici stranieri per legittimarne la loro permanenza o l'ingresso nel territorio italiano. Anche uno dei due promotori tunisini, che era agli arresti domiciliari, sarebbe stato impiegato come bracciante agricolo per ottenere la concessione di permessi che potessero consentirgli i margini di manovra per organizzare i viaggi. In più occasioni sarebbe stato proprio lo stesso imprenditore niscemese a recarsi in Tunisia come portavoce del promotore tunisino, prendendo accordi con complici locale per pianificare le fasi della traversata e le modalità di spartizione dei proventi, nonché per mettersi a disposizione offrendo fittizi contratti di lavoro ai migranti giunti in Italia.

Un'organizzazione capillare

Le indagini hanno permesso individuare un altro indagato, sempre a Niscemi, che avrebbe avuto il ruolo di capo; due tunisini con base operativa a Scicli che avrebbero avuto il compito di gestire le casse dell’associazione; cinque italiani che avrebbero curato gli aspetti logistici, come l’ospitalità subito dopo lo sbarco sulle coste siciliane ed il trasferimento degli scafisti dalla stazione dei pullman alla base operativa, 4 scafisti (un italiano e 3 tunisini) e 4 tunisini che avrebbero avuto il ruolo di «connection man» con il compito, in madre patria, di raccogliere il denaro dei migranti che volevano raggiungere l’Europa.

I trasferimenti di denaro

Il denaro raccolto in Tunisia sarebbe stato inviato in Italia, a Scicli (Ragusa), attraverso note agenzie internazionali, specializzate in servizi per il trasferimento di denaro, per essere successivamente versato su carte prepagate in uso ai promotori dell’associazione, i quali lo avrebbero reinvestito per aumentare i profitti dell’associazione, comprando, ad esempio, nuove imbarcazioni da utilizzare per le traversate.

Un profitto di 70000 euro a tratta

Secondo l’accusa avrebbero trasportato dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole a grave pericolo per la vita. Il prezzo a persona, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza, si sarebbe aggirato tra i 3.000 e i 5.000 euro e il presunto profitto dell’organizzazione criminale, secondo stime investigative, si attesterebbe tra i 30.000 e i 70.000 euro per ogni viaggio.

L'avaria del 2020

Le indagini della squadra mobile di Caltanissetta hanno ricostruito la presunta organizzazione di più viaggi dalla Tunisia alle coste italiane. Il 26 luglio 2020, per uno dei viaggi pianificati dagli indagati, un’imbarcazione sarebbe partita dal Porto di Licata in direzione delle coste tunisine per prelevare delle persone da condurre in Italia. Solo l’avaria di entrambi i motori non ha permesso la conclusione del viaggio e il natante è rimasto alla deriva, in «mare aperto», da qui il nome dell’operazione della polizia, e poi trovato di fronte le coste di Mazara del Vallo. Grazie alla collaborazione della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle e del Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza di Mazara del Vallo, è stato possibile individuare l'imbarcazione durante le fasi di rientro dalle coste tunisine, identificando così gli scafisti.

Per la cattura dei 18 indagati destinatari dell’ordinanza del Gip sono stati impegnati 120 uomini della Polizia, della Squadra Mobile di Caltanissetta, del Commissariato di Niscemi, del Reparto Prevenzione Crimine e Unità Cinofile e Reparto Volo di Palermo.

 

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