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Morto a Palermo il missionario laico Biagio Conte, una vita da "angelo" degli ultimi

Una vita la sua dedicata ai poveri, il missionario laico palermitano che lasciò gli agi di una vita borghese per andare a vivere da eremita e poi fondare la missione «Speranza e carità»

Aveva 59 anni e da sempre è stato al fianco dei poveri e dei più deboli. Biagio Conte, missionario laico fondatore nel 1993 della Missione Speranza e Carità di Palermo, è morto oggi al termine di una malattia che lo aveva colpito da tempo. La chiesa cattolica palermitana ne ricorda le azioni e il messaggio, che hanno lasciato il segno non solo nel capoluogo siciliano. «L'opera di fratel Biagio manifesta il volto della Chiesa povera e dei poveri. Oggi il Signore chiama la nostra Chiesa che è in Palermo a raccogliere il testimone di un esempio così fulgido», le parole dell’arcivescovo monsignor Corrado Lorefice. Ma non sono solo i vertici della curia panormita a ricordare fratel Biagio.
«Ciò che mi ha sempre colpito - dice padre Cosimo Scordato, teologo - è stata la sua grande compassione, ovvero l’esigenza di identificarsi con i poveri e i deboli. L’aveva manifestata quando, all’inizio della sua esperienza di servizio a Palermo, tornando da un viaggio ad Assisi, si era messo a disposizione della comunità di San Saverio, nel quartiere dell’Albergheria.
Aveva cominciato con l’animazione a favore dei bambini. Poi rivolse la sua attenzione ai poveri. Aveva l’urgenza di alleggerire la loro sofferenza e di assicurarne il riscatto. La sua era una testimonianza 'diaconalè, nel senso di farsi accompagnatori degli altri». Per Scordato, in questo, testimoniava la scelta dei poveri rilanciata dall’ultimo Concilio. «Biagio Conte ha vissuto con i poveri e non solo per i poveri - aggiunge - la sua ispirazione francescana impersonava pienamente lo spirito evangelico. Biagio andava avanti per intuizioni. La Chiesa palermitana ha saputo accoglierlo nella sua natura di missionario laico, al di fuori di ogni gerarchia.
Non a caso papa Francesco, nel suo viaggio a Palermo, aveva voluto pranzare nella missione Speranza e Carità».

Per padre Francesco Stabile, storico della Chiesa, nella vita di Biagio Conte «c'era una forte contestazione della società che lascia indietro gli ultimi». Nel far questo si è inserito in un’antica tradizione della Chiesa palermitana che ha avuto figure come padre Giacomo Cusmano e padre Giovanni Messina che hanno lottato per i bisognosi. «E' il Vangelo che si concretizza nell’accoglienza degli sbandati e dei poveri - aggiunge padre Stabile - e che si caratterizza per la sua natura promozionale: gli accolti sono chiamati a fare, a lavorare per gli altri. E' il Vangelo che si realizza. E si rivolge a tutti senza distinzione di provenienza o di religione. Il cammino sinodale della Chiesa deve tenere conto di questa straordinaria testimonianza di vita cristiana».
Per il redentorista padre Nino Fasullo «Biagio Conte è stata una luce nel cielo di Palermo. Ha spiegato a tutti che non c'è cristianesimo senza accoglienza. Con la sua vita ha declamato il detto evangelico 'Beati i poverì contrapponendosi alla società contemporanea che invece beatifica i ricchi. Conte ha impersonato questa logica e ha inviato un messaggio che va al di la del cristianesimo». Fasullo sottolinea che il rinnovamento della Chiesa è arrivato sempre dai laici (San Francesco ne è stato un esempio). «Fratel Biagio ha dimostrato che per fare cose secondo il Vangelo - conclude Fasullo - non è necessario entrare nel clero».
Giuseppe Savagnone, responsabile del sito della Pastorale della cultura della Diocesi, sottolinea che i palermitani hanno riconosciuto in Conte lo spirito francescano. «In un tempo in cui molti si allontanano dai riti e dall’istituzione ecclesiastica, ha rappresentato un richiamo vivente ai valori evangelici. E’ stata una manifestazione di santità che ha attraversato la storia cittadina».

 

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