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Euripide in scena al teatro greco di Siracusa: sul palco “Elena” tecnologica e filologica

«Il mio nome è Elena ma quella che è andata a Troia non sono io».

E se la bellissima regina non fosse fuggita con Paride, causando la guerra di Troia, ma fosse sempre stata in Egitto?

Euripide stravolge la storia nella tragicommedia che inaugura domani, al teatro Greco di Siracusa, il 55 Festival della Fondazione Istituto Nazionale del dramma antico. Fino al 6 luglio “Elena” (messa in scena solo una volta, nel 1978) si alternerà con “Le Troiane”, sempre di Euripide, per la regia di Muriel Mayette-Holtz.

Basta poco per ribaltare la storia, per dire che Elena è innocente, e che gli uomini farebbero la guerra comunque.

«Euripide ci chiede di essere senza precostruzioni mentali. Questo è un testo straordinario proprio perché ha componenti molto varie, perché questo deve avvenire nella ricostruzione di un mito, nel restyling che fa con un’intelligenza straordinaria» spiega il regista David Livermore, alla sua prima a Siracusa.

Lo scenografo e musicista torinese lo scorso anno ha inaugurato la Scala con “Attila” di Verdi, e il prossimo 7 dicembre è stato “richiamato” (probabilmente un caso unico) con “Tosca” di Puccini.

E dopo Siracusa Livermore sarà impegnato in “Anna Bolena” a Sidney e in un “Don Carlos” in Kazakistan.

«Euripide ha voluto fare dell’entertainment unico: perché a teatro ci si deve profondamente divertire, anche nel piangere. Dobbiamo essere emozionati. E lui ha un senso dello spettacolo con colpi di scena immensi. La difficoltà è che spesso non abbiamo il coraggio di leggere il testo per quello che è».

Cosa ci vuole insegnare Euripide?

«Euripide ci vuole dire un paio di cose importanti: vuol dire che abbiamo combattuto per una nuvola, abbiamo fatto la guerra di Troia per niente. Forse la guerra è veramente inutile. Ed Euripide lo dice bene: ma non potevamo trovare un accordo? In qualche modo sta facendo valere ragioni umane e sta esaltando l’uomo per la cosa migliore che ha, cioè la creazione del valore. E forse è possibile con coscienza e col senso del gioco inventarsi la vita. Magari proprio alla fine della propria vita. Elena diventa improvvisamente vecchia e dice “non è andata come pensavate, è andata in maniera diversa”.

Vedremo un’altra Elena: la signora Marinoni ha interpretato in video il ruolo di lei anziana in maniera magnifica. Ho fatto un incontro straordinario con Laura Marinoni, un’artista di intelligenza, di ironia e di capacità tecnica infinita. E poi un gruppo di attori che amo profondamente come Sax Nicosia (Menelao), Giancarlo Judica Cordiglia (Teoclimeno) e Mariagrazia Solano (Vecchia). Vedremo questa Elena che evocherà, incalzerà il dialogo e gli affetti che vengono raccontati da questo miracolo che è questo testo. Giocheremo a scoprire quale delle due versioni di Elena possa essere più plausibile, quella del mito o quella dell’Elena di Euripide. Non vi dico come andrà a finire...».

La scena è in Egitto, sulle rive del Nilo. Menelao arriva da naufrago e viene accolto?

«Euripide ha scritto: Menelao arriva come naufrago e viene ricacciato in mare. Ma Menelao dice: un naufrago è sacro, è la legge del mare. La vecchia sulla coste gli dice: qui da noi i porti sono chiusi. È terribile questo fascismo orrendo che viviamo ogni giorno e che va a tirar fuori il peggio della gente. Io ho avuto un nonno meraviglioso, il maresciallo dei pompieri Riccardo Negro, che nella cantina della caserma dei pompieri durante la guerra aveva un tedesco ferito che curava e due partigiani, perché per lui erano tutti esseri umani ed erano tutti figli di Dio».

Tutti gli attori reciteranno all’interno di uno specchio d’acqua, che rappresenta tante cose...

«Questo è un teatro di memoria, sono tutti gli elementi del mito. L’acqua è un gioco stigiano, e mi affascina profondamente nella creazione del riflesso. Il riflesso è come una bella bugia che può affascinarci tantissimo poi basta una pedata nell’acqua e la verità viene fuori».

Ma quell’acqua contribuirà a rendere Elena anche uno spettacolo musicale?

«C’è musica per tutto lo spettacolo, che serve alla parola. Io sono grato ad Andrea Chenna (che firma le musiche originali, mentre altre sono riscritture di Mozart o di Boccherini) di aver condiviso come me una ricerca che dura da più di 15 anni in cui abbiamo desiderato di far emergere armonia a servizio della poesia, di far emergere un teatro di parola. L’acqua in due grandi scene suonerà: una in senso percussivo e uno in senso armonico. Nel palcoscenico sono sommerse delle piastre che saranno percosse da 8 solisti e dalle 3 messaggere».

Dal vivo Federica Quartana, corifea, suonerà l’arpa. Ci sarà uno schermo, una Elena virtuale, con primissimi piani, che le permetterà di attraversare molte età e ricomporre il suo mito. «A me le videoproiezioni non piacciono, ma per me è narrazione. Elena è una sorta di burattinaio della sua stessa storia, di demiurgo del suo mito. Mi dà la possibilità di amplificare ciò che sta pensando. Nel momento in cui non ci sta parlando la sua voce, ma quando esprime quello che sta vivendo l’anima».

Una Elena all’insegna della tecnologia?

«Mi sento profondamente filologico nel fare uno spettacolo ipertecnologico come questo. Amo il rigore scientifico, ma ho il dovere di tradurlo in senso moderno. Euripide era un innovatore clamoroso anche dal punto di vista tecnologico: i trombini dentro le maschere, l’amplificazione della voce, tutti escamotage tecnici che lui suggeriva. Una tragedia greca al tempo era come andare a vedere il più grande show possibile dell’umanità in quel momentO. Non vedo perché io non debba assecondare questo tipo di desiderata di Euripide. E noi stiamo cercando di fare questo».

Come vive l’esperienza a Siracusa?

«Questo è uno dei luoghi più importanti della cultura occidentale e non solo, della cultura mondiale. È un teatro che insegna quotidianamente cosa è la partecipazione sociale. È un momento unico per chi pensa che la cultura sia un valore aggiunto alla qualità di vita della gente. E vorrei che fosse la politica italiana a pensarla così. Il teatro alla Scala non è un museo, l'Inda non è un museo. Siamo gli ultimi in Europa in fatto di cultura. Ed invece dovrebbe essere il nostro vero petrolio. Penso alla meraviglia che ci troviamo ad avere a Siracusa. Penso che tutta l’Italia sia così. Il mondo ha bisogno di bellezza e l’Italia ha bisogno di identità e per creare identità ci vuole memoria e la nostra memoria è la bellezza, la cultura, il teatro e la musica e l’arte».

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