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"Inda, per voci sole", spettacolo finale al teatro greco di Siracusa: le foto

È la rinascita, la ripartenza. Dalla memoria, dall’origine, per riscoprire l’incontro con l’altro. Gli elementi atavici ci sono tutti: Mircea Cantor offre la sua arte, la sua visione, utilizzando il corpo e la voce, il primo degli strumenti. Nella performance in prima mondiale “Il suono del mio corpo è la memoria della mia presenza”, che sabato sera ha chiuso al teatro greco di Siracusa la stagione speciale “Inda 2020 Per voci sole”, prodotta dalla Fondazione Istituto nazionale del dramma antico, ha voluto fondere diversi elementi: la voce, il corpo, la campana, un oggetto onnipresente, sin dall’antichità, che assume significati diversi per le diverse culture.

Per celebrare il ritorno alla vita è necessario creare una musica nuova. L’inizio è legato all’improvvisazione di Denis Latîșev, un vero campanaro arrivato da Bucarest che sui gradoni suona con le corde sette campane di diversa dimensione. Nessuno spartito, ma dieci minuti di suoni che rievocano il senso del far vibrare il batacchio sulle pareti quando si chiamano le persone per un’adunanza.

Poi dal centro della platea l’arrivo di due grandi campane del diametro di 2,80 m per 3 metri di altezza, opera del siracusano Carlo Gilè, portate in processione: sono sorrette da persone vestite con tute che ricordano molto quelle degli operatori sanitari per proteggersi dal covid e mascherine. Sono portate sul palco e vengono fatte roteare: alcune tute hanno cucito un metro. È il tempo che scorre, è il superamento del periodo di emergenza, è la fine – o meglio l’auspicata fine – della pandemia.

Sull’antica cavea il coro vive lo spazio con le poetiche vocali degli allievi dell’Accademia d’arte del dramma antico guidati da Elena Polic Greco e Simonetta Cartia: le urla sono lamenti, si percepisce il dolore, poi la sonorità cambia e sembra un quasi un richiamo. Una donna completamente nuda esce sul palco e con una campana si versa addosso del liquido. Può rappresentare la vita, quel liquido che circonda il feto nella cavità uterina. E c’è il risvegliarsi di due giovani, forse Adamo ed Eva: sono tirati da quelle campane e danno vita ad una danza, ad un rituale scenico (Dario La Ferla ha firmato i movimenti di scena, mentre Simone Caserta le musiche).

Si percepiscono gli anèliti, il desiderio di riabbracciare, la separazione. C’è l’umanità nel luogo che è l’agora per eccellenza. Il coro ripete una frase: «Torna torna fra tre (ritorna fratello)». Alla fine c’è la rappresentazione del dna, l’impronta genetica di ciascuno di noi. Si accende per far riaccendere la rinascita.

Subito dopo sul palco le tre protagoniste della stazione 2021 al teatro greco: Galatea Ranzi, la Corifea, che legge dei brani da Le Nuvole di Aristofane nella traduzione di Nicola Caldoni: il canto di entrata del coro delle Nuvole; e la parabasi principale, in cui il Poeta stesso, per bocca del coro, vanta la propria audacia nell’aver attaccato politici assai potenti e la propria lealtà nell’averli risparmiati quando sono caduti, diversamente da tutti.

Poi Anna Della Rosa (che sarà Ifigenia) ha letto brani da Ifigenia in Tauride di Euripide nella traduzione di Giorgio Ieranò: il prologo, in cui Ifigenia, sola in terra straniera, racconta di come Artemide l’abbia salvata dal padre Agamennone che la stava sacrificando agli dei; e un monologo in cui Ifigenia ricorda come è diventata una crudele sacerdotessa di sacrifici umani.

Infine Lucia Lavia, che sarà Dionisio, che porta in scena brani da Le Baccanti di Euripide nella traduzione di Guido Paduano: il prologo con Dioniso che entra in scena come un illegittimo mai riconosciuto dalla famiglia, come un vendicatore e come un dio, seguito da cori di Baccanti venute con lui dall’Asia a Tebe; e il secondo racconto del messaggero.

All’inizio della serata il sovrintendente Antonio Calbi ha ricordato che questa particolare stagione è stata dedicata alle 840 mila vittime del covid 19, tra cui il direttore del parco archeologico Calogero Rizzuto e la sua collaboratrice, e ai 25 milioni di contagiati. Poi la consegna del premio “Custodi della Bellezza” a Fiammetta Borsellino, alla presenza del consigliere delegato Marina Valensise, dell’assessore alla Cultura Fabio Granata e di Fulvia Toscano in rappresentanza del Comitato scientifico. «Ha sempre conservato, con l’amore dei figli e la cura propria delle donne, accanto alla memoria, l’orgogliosa consapevolezza dell’importanza della ricerca della Verità senza la quale non può esistere Giustizia»: con questa motivazione la minore delle figlie del magistrato ucciso da Cosa nostra ha ricevuto il premio intitolato a Khaled Al Asaad, l’archeologo siriano e soprintendente di Palmira ucciso dall’Isis. A Fiammetta Borsellino è stata consegnata un’opera del pittore Andrea Chisesi, romano di nascita a che danni ormai lavora stabilmente a Siracusa.

Subito dopo la consegna del premio Eschilo d’Oro alla grecista Eva Cantarella per avere coniugato «l’erudizione con la divulgazione nell’affrontare personaggi e problemi del mondo classico, sino a includere temi di forte attualità come le questioni di genere, l’evoluzione della condizione femminile, ma anche la pena capitale e il problema della detenzione». La Cantarella ha voluto ringraziare per questo riconoscimento e poi si è detta emozionata per il rapporto che la lega all’Inda e a Siracusa.

Grazie al partenariato digitale siglato dalla Fondazione Inda con TIM, sarà possibile rivedere gratuitamente la serata in streaming fino al 6 settembre collegandosi al sito della fondazione.

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