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"Non è vero che non si può fare", quel sogno diventato realtà di 9 atleti paralimpici siciliani - FOTO

L'Università di Messina racconta nove atleti, nove storie di vita e di sport, testimoni e ambasciatori di una sfida bella e possibile, quella a cui sono chiamati, indistintamente, tutti gli uomini: affrontare e superare i propri limiti

Non è vero che “Non si può fare”. E non è un sogno. Perchè in tanti lo hanno già reso realtà. L'Ateneo di Messina, in collaborazione con la sezione siciliana del Comitato Italiano Paralimpico ha riunito nove atleti, nove storie di vita e di sport, testimoni e ambasciatori di una sfida bella e possibile, quella a cui sono chiamati, indistintamente, tutti gli uomini: affrontare e superare i propri limiti. Loro ci sono riusciti con lo sport. Sono Cristiano Campione, Giovanni Ciprì, Carmelo Forastieri, Rachele Giglio, Marcella Li Brizzi, Giuseppe Mannino, Emiliano Messina, Jenny Neri e Lorenzo Rione. Campioni, quasi tutti siciliani, nella vita e nello sport.

Le storie di vita e di sport

Cristiano ha 25 anni, la spina bifida ed è un “re” della pesistica: «Lo sport – ha detto – è stato la base della mia vita a livello psicologico, sociale e formativo». Si è laureato in Giurisprudenza con una tesi sul diritto sportivo, oltre ad aver fondato il primo gruppo giovanile di para powerlifting nelle Fiamme Oro. Poi c'è Giovanni Ciprì, è ipovedente e conosce a menadito tutte le strade di Palermo, ha 50 anni, si allena 6 giorni su 7 ed è un campione di torball: «Grazie allo sport ho girato al mondo, mi ha aiutato nell'autostima e nell'accrescere la consapevolezza di quello che sono, spesso lottiamo con l'ignoranza di chi ci vede come alieni, ma non dobbiamo rinchiuderci nelle gabbie dorate delle famiglie, la medaglia più importante per noi è quella di avvicinare i ragazzi allo sport». Carmelo Forestieri, dopo un incidente, è tornato ad essere felice grazie alla sua più grande passione, la vela: «Come tanti ho pensato di non poter fare più niente, adesso la disabilità non è più un problema e cerco di dare stimoli agli altri». Carmelo ha un obiettivo: essere timoniere del ritorno della vela nel circuito paralimpico. Rachele Giglio è, invece, un prodigio del basket in carrozzina, ha appena 17 anni ed è maglia azzurra, anche lei ha la spina bifida, ma: «Quando entro in campo – dice - elimino ogni differenza». Marcella Li Brizzi è campionessa di scherma, mamma e nonna. «Una caduta mi ha cambiato la vita, tutti mi dicevano che nelle mie condizioni e alla mia età non avrei mai potuto vincere una gara di scherma: a 52 anni, in un anno, sono arrivata in nazionale. Fino ad allora – racconta – non avevo mai preso un aereo e avevo paura anche di diventare nonna. Pensavo: “Come faranno i miei nipoti ad uscire con una nonna in carrozzina?”. E invece ho fatto tutto perchè lo sport ti fa diventare un campione di vita». Giuseppe Mannino ha conosciuto la disabilità a 34 anni e ha continuato a correre: «Noi siamo i primi testimoni che lo sport allontana la depressione, ho vinto diversi titoli nazionali e posso dire che non mi sono mai sentito battuto, perchè per un paralimpico la sconfitta non esiste mai». Emiliano Messina ha 33 anni ed è un nuotatore: «Senza lo sport non avrei avuto la forza di superare molte cose nella vita, dopo questi mesi di stop a causa del lockdown – spiega - non so se riuscirò a riprendermi quello che avevo raggiunto, ma so che non bisogna mai fermarsi». Poi c'è Jenny che dopo essere diventata moglie e mamma, ha toccato l'olimpo con nuoto e tiro con l'arco: «In acqua tutto sparisce, qualcuno mi chiedeva se il mio fosse un nuovo stile. Molti, essendo mamma, mi invitavano a stare a casa, ma io ho detto no, perchè la vita ti dà delle opportunità e ognuno di noi può essere esempio per superare i propri limiti». «Lo sport e la mia associazione mi hanno aiutato tanto» ha detto Lorenzo Rione che ha un sorriso smagliante, una forma di autismo grave e il titolo di campione del mondo in tennistavolo in tasca.

"Il sogno paralimpico in Sicilia"

E' stato lui a chiudere le testimonianze dell'incontro organizzato e coordinato in webinar dall'Aula magna dell'Ateneo dai professori Fiammetta Conforto, delegata dell'Ateneo di Messina ai servizi Disabilità e Dsa, Giuseppina D’Aguì, referente del Dipartimento di Ingegneria per le Disabilità e i DSA, Carlo Giannetto, vicepresidente del Comitato Unico di Garanzia e da Roberta Cascio, vera e propria forza della natura, ex atleta paralimpica e vicepresidente del CIP Sicilia.

"A Messina è necessario impegnarsi per consentire al maggior numero possibile di persone con disabilità di praticare discipline sportive. Serve un coinvolgimento a 360 gradi dell’Università, servono tecnici formati – ha detto, durante l’incontro, Francesco Giorgio, delegato CIP di Messina –. Non possiamo deludere quei 150 ragazzi che oggi riescono a fare sport attraverso precisi mirati progetti, abbiamo una grande responsabilità nei loro confronti: dare seguito alla speranza che accendiamo...". Durante i lavori, a cui hanno preso parte anche il presidente del CIP Sicilia Salvatore Mussoni; il consigliere internazionale del Panathlon, Eugenio Guglielmino; Ludovico Magaudda e Fabio Trimarchi, coordinatori dei CdL in Scienze Motorie di UniMe; la presidente della SSD UniMe, Silvia Bosurgi; il presidente provinciale del US Acli Antonino Scimone; il delegato ai servizi per le Disabilità dell’Università di Catania Massimo Oliveri e la delegata rettoriale dell’ateneo messinese Fiammetta Conforto, quest’ultima  ha evidenziato l'importanza di mettere a servizio del territorio le competenze dell'Università: «Abbiamo una responsabilità, un compito preciso: garantire il diritto all’istruzione e allo sport. Non si può accettare che qualcuno non abbia la possibilità di vivere un’esperienza che arricchisce la sua vita, rilanciandone aspettative e speranze. A Messina siamo indietro rispetto a Palermo e Catania, ma continueremo a onorare l’impegno che abbiamo assunto: quello di diffondere la cultura dell’inclusione. Puntando molto sullo sport. A breve firmeremo lo Statuto del coordinamento delle università siciliane per le disabilità con una mission ben precisa e con la volontà di raggiungere grandi obiettivi».
Ha chiuso i lavori il direttore di Gazzetta del Sud Alessandro Notarstefano. "L’identità – ha detto – non è qualcosa che esiste di suo,  ma si costruisce solo nella differenza, nella diversità. L’approccio consueto va ribaltato. Non c’è uno standard “precostituito” che rappresenta la normalità, e tutto ciò che si discosta è da considerarsi “pericolosamente” diverso. Soltanto nella differenza – come ben indicato da Gilles Deleuze, mente illuminata del secondo Novecento – si realizza e mette insieme il “proprio sé”. Le persone con disabilità – ha detto Notarstefano –  sono forti soprattutto di questa consapevolezza. Viene a nudo ciò che davvero rende uguali tutti gli uomini nella diversità: il volersi superare, l’aspirazione che li unisce in direzione della scoperta di sé, del potersi dire compiuti. Non sta che in questo, forse, la bellezza. Quella degli esseri umani, almeno".

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