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Lampedusa, 9 anni fa 368 morti nel naufragio. Un superstite: abbiamo perso figli, padri, mamme e spose

«Ringrazio autorità e studenti per essere qua. Per noi il 3 ottobre è una giornata molto importante, quel giorno abbiamo perso figli, padri, mamme e spose. Voi conoscete i numeri, si parla di 368. Noi li conoscevamo con nome e cognome, con volto, sogni e obiettivi». Lo ha detto Adal, uno dei sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre 2013, davanti a Porta d’Europa a Lampedusa al termine della marcia in ricordo delle vittime. «Sappiamo che la politica non è molto stabile, ma le siamo grati per aver lasciato i suoi impegni - ha continuato rivolgendosi al presidente della Camera Roberto Fico - . Vogliamo la pace e chiediamo pietà per i nostri familiari in Libia, e dare loro, attraverso i corridoi umanitari, una alternativa per venire in Italia. Ringrazio Lampedusa per tutta l'accoglienza che ci continuano a dare».

Il sindaco di Lampedusa: l'Europa faccia subito qualcosa

«Se vogliamo scuotere veramente le coscienze di chi governa l’Europa, il posto giusto di questa Porta non è più Lampedusa, ma nel cuore di Bruxelles, all’ingresso del Parlamento europeo. La Porta realizzata da Mimmo Paladino inaugurata nel 2008, per onorare la memoria dei migranti deceduti in mare, qui ha esaurito il suo significato». Lo dice, provocatoriamente, il sindaco delle isole Pelagie, Filippo Mannino, dinanzi al monumento diventato simbolo di Lampedusa e della sua accoglienza. «Magari varcandola continuamente o vedendola ogni giorno, essa può tornare a incarnare il ruolo che deve avere un’opera d’arte, cioè interrogare le coscienze. Questa Porta, nel cuore di Bruxelles, può diventare un monito, un modo per sollecitare una riflessione, sottolineare un’urgenza, richiamare tutti ad una assunzione di responsabilità - ha aggiunto il primo cittadino di Lampedusa - . Penso seriamente che, qui questo monumento ha esaurito il suo ruolo, anche perché sono gli eventi quotidiani a ricordarci ciò che accade. L’immigrazione è un problema europeo - ha osservato - ed esige una risposta europea. Tocca all’Europa fare qualcosa e lo deve fare subito». «Sono passati quasi 10 anni e, ad oggi, la politica specie quella europea, è stata praticamente assente. L’Europa non ha una reale politica migratoria, l’Europa non vuole cambiare il regolamento di Dublino, l’Europa non riesce a far partire i cosiddetti corridoi umanitari per far viaggiare le persone in sicurezza e l’Italia viene praticamente lasciata da sola, con Lampedusa in prima linea, a gestire, alla meno peggio, un fenomeno di portata epocale», ha affermato. «Eppure, nelle sedi diplomatiche e nelle occasioni culturali, l’Europa continua a parlare di coesione tra popoli, di rispetto dei diritti umani, di collaborazione tra le nazioni - ha concluso- . Lampedusa è poco più di un quartiere di Bruxelles. Anche qui i cittadini dovrebbero godere di pari diritti rispetto a chi vive a Parigi o Londra o in qualunque altro piccolo Comune d’Europa Non devo essere io ad indicare le soluzioni perché non ce l’ho».

Migrantes: un piano europeo di salvataggio delle persone in mare

Il 3 ottobre 2013 nel Mediterraneo, a poche decine di metri dall’Isola di Lampedusa, morivano 368 persone. Erano donne, uomini, bambini che scappavano dalla Siria, dalla Somalia ed Eritrea e da altri Paesi, in fuga dalla fame e dalla guerra. «Nostri fratelli e sorelle», rileva la Fondazione Migrantes della Cei. Da allora altri 24.000 uomini e donne hanno trovato la morte in fondo al Mediterraneo. «Un cimitero», ha ricordato più volte papa Francesco, «che ricorda la nostra incapacità di dare risposte di accoglienza, di giustizia e di pace a tanti nostri fratelli e sorelle». «Il 3 ottobre è una giornata di preghiera e di riflessione in tutta Italia», afferma il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Pierpaolo Felicolo: «è una giornata in cui risentiamo le parole rivolte a Caino come un monito per tutti noi: 'Dov'è tuo fratello?'». Il 3 ottobre «è una giornata in cui si rinnova l’appello all’Europa per un piano condiviso di salvataggio in mare di persone in fuga e che hanno diritto a una protezione internazionale. Ogni morto in mare è un atto di ingiustizia e di inciviltà. Non si possono lasciare sole le Capitanerie di porto e le navi delle Ong nell’azione di salvare in mare chi fugge. Non bastano piani per fermare. Occorrono piani per salvare. La democrazia in Europa è macchiata da ogni ritardo nel presidiare il salvataggio delle persone nel Mediterraneo. Ed ancora: è macchiata da ogni abbandono di azioni diplomatiche di pace e da ogni impegno mancato di cooperazione allo sviluppo», conclude mons. Felicolo. La Migrantes è favorevole che questa giornata diventi da nazionale a giornata europea.

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