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Dalla Sicilia agli Stati Uniti, i sogni della cantautrice Roberta Finocchiaro

«In questo disco mi spoglio completamente, trovo il coraggio di raccontare le mie emozioni più profonde, cuori spezzati, speranze, sogni, raccontando così anche le esperienze di vita di tante persone usando la metafora di una ruota che gira. Ho usato parole semplici e sincere. È questo ciò che amo quando scrivo una canzone: il fatto che riesca ad unire tutti gli elementi della vita andando oltre i limiti dello spazio e del tempo».

Roberta Finocchiaro, chitarrista e cantautrice catanese, classe ’93, presenta così il suo ultimo lavoro, l’album “Save lives with the rhythm”, uscito lo scorso 5 giugno.

Un disco dal sapore internazionale che vanta l’apporto di importanti musicisti “d’oltre oceano” e la produzione di uno dei grandi della musica internazionale, Steve Jordan, noto soprattutto come batterista dei “The Blues Brothers” e del “John Mayer Trio”, oltre che come autore e co-produttore del progetto “Keith Richards and the X-pensive Winos”.

«In questo disco mi sono lasciata ispirare dagli odori, dalle immagini, dai ricordi vissuti – continua Roberta – Ho vestito le mie poesie con la musica e le ho trasformate in canzoni. Ho suonato riff di chitarra che contenevano già dentro tutte le parole. Mi sono lasciata ispirare dagli artisti che amo e che ascolto. Quando ho iniziato a scrivere questo nuovo album, non avrei mai immaginato dove lo avrei suonato e registrato e quali musicisti avrebbero dato vita alla mia musica. Nella primavera del 2018 ho cominciato a scrivere le prime canzoni e un anno dopo, a settembre, mi sono trovata a vivere un sogno: New York, lo studio a Brooklyn, alcuni musicisti fantastici come Steve Jordan, Sean Hurley, Clifford Carter a cui si è aggiunto DaveO’Donnell come ingegnere del suono e in alcune canzoni sono presenti i fiati suonati da Eddie Allen, Patience Higgins, Clifton Anderson, la fisarmonica di mio nonno Gino e il violino di Olen Cesari». Nella composizione dei brani si spazia dal Funk-Soul degli Anni 70/90 alla parte più dolce del folk inglese di quegli stessi anni.

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