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Mons. Cuttitta: «Accettatemi per quello che sono, con pregi e difetti»

Mons. Cuttitta: «Accettatemi per quello che sono, con pregi e difetti»

E’ stata una giornata di grande festa. Prima la visita agli ammalati, poi l’incontro con il sindaco Federico Piccitto e le famiglie ragusane, infine l’insediamento. Monsignor Carmelo Cuttitta ha iniziato così il suo episcopato nella Diocesi iblea. Ha ricevuto il pastorale da mons. Paolo Urso, che fino a sabato ha guidato la chiesa iblea. E, contestualmente, ha preso il suo posto presiedendo la funzione religiosa.

Una giornata di festa per la città e per l’intera Diocesi. E lo hanno dimostrato le presenze nei vari momenti che hanno scandito il passaggio di consegne tra il vescovo uscente Urso e la nuova guida pastorale Cuttitta. In piazza San Giovanni, dove il sindaco Piccitto ha dato il benvenuto, a nome della città, al nuovo pastore, tanta gente ha seguito i brevi interventi e si è commossa davanti all’abbraccio tra mons. Paolo Urso e mons. Carmelo Cuttitta. Sul palco anche una famiglia, scelta come rappresentante di tutte le famiglie della comunità iblea.

L’incontro in piazza è stato propedeutico alla funzione religiosa e al passaggio delle consegne. Nel Palazzo Vescovile, in via Roma, si è formato il corteo per raggiungere la Cattedrale per la solenne funzione. Molti i vescovi che hanno voluto presenziare alla cerimonia. Su tutti il cardinale Paolo Romeo, vescovo di Palermo, che ha avuto al suo fianco proprio Carmelo Cuttitta. Mons. Romeo lo ha accompagnato anche in questo momento della sua vita religiosa. Per il cardinale, l’occasione ha avuto un doppio motivo di commozione: oltre all’insediamento di Cuttitta a Ragusa, il saluto a mons. Paolo Urso, che, come Romeo, è originario di Acireale.

La Cattedrale di San Giovanni è apparsa troppo piccola per ospitare le migliaia di persone che hanno voluto seguire la funzione. Tra loro, oltre cinquecento ospiti arrivati da Palermo per accompagnare mons. Cuttitta. La messa, nella sua prima parte, è stata presieduta da mons. Paolo Urso. Fino a quando non è stata data lettura della bolla pontificia che nomina mons. Carmelo Cuttitta vescovo della Diocesi di Ragusa. A quel punto, il passaggio delle consegne: mons. Urso ha passato il pastorale a mons. Cuttitta, abbracciandolo subito dopo. Quindi, gli ha ceduto la “cattedra” al centro dell’altare. Al suo successore, il vescovo Paolo (come lo chiamano tutti a Ragusa) ha detto: «Avvertirai l’accoglienza in un contesto di grande generosità. La chiesa ha bisogno della sua perenne Pentecoste. Tanti auguri allora vescovo Carmelo, perché questa chiesa possa avere fuoco nel cuore, parole sulle labbra e profezia nello sguardo».

Poi, mons. Cuttitta ha parlato per la prima volta ai ragusani. In primo luogo, dopo aver ringraziato Papa Francesco, ha ricambiato il saluto di mons. Urso, «che mi consegna questa giovane e bella Chiesa Iblea, da lui guidata in questi ultimi tredici anni, nella quale ha impiegato le sue risorse e capacità, per l’annunzio del Vangelo, rimanendo vicino alla gente, facendosi carico dei loro problemi, soprattutto di chi è più sfortunato e ha avuto meno degli altri dalla vita. Grazie, caro fratello Paolo, che circondando di affetto e cura la vigna del Signore l’hai resa più bella, più santa e più obbediente alla volontà dell’unico Signore Gesù, sposo della Chiesa. Questo è il testimone che mi consegni e che io farò mio, e che con l’aiuto di Dio, cercherò di onorare nel tempo del mio ministero a favore della Chiesa di Ragusa, che già amo con tutto me stesso».

Dopo il saluto al cardinale Paolo Romeo e agli altri vescovi presenti, mons. Cuttitta si è rivolto alle autorità: «Noi abbiamo un percorso da condividere, al di là degli specifici ambiti di competenza, ed è il bene comune della gente. Voi lo ricorderete a me ed io farò altrettanto con voi, se mai dovessimo in qualche maniera dimenticarlo».  Infine, dopo un caloroso ringraziamento a quanti lo hanno seguito da Palermo («Lo faccio per l’ultima volta», ha tenuto a sottolineare), si è rivolto ai ragusani: «Vengo a voi con semplicità e vi sarò grato se vorrete accettarmi per quello che sono, con pregi e difetti. Non so quello che potremo fare; so soltanto che il Signore ci precede e ci chiama all’operosità. Io sono l’ultimo arrivato e chiedo la vostra collaborazione, perché da soli non possiamo andare molto lontano: vi chiedo di camminare insieme, guardandoci in faccia, con amicizia e lealtà, senza frapporre indugi, magari tenendo il passo di chi non ce la fa, o fa più fatica a camminare».

Infine, un pensiero ai giovani: «Evitate quella doppiezza che umilia della vita nella quale cadono inesorabilmente tanti vostri coetanei che ricercano una felicita effimera nell’alcol o in paradisi artificiali. Voi non siete così: testimoniate questa vostra diversità e non voltate le spalle a chi – solo – vi dice la verità sulla vostra vita e può dare risposte vere alle vostre legittime aspirazioni».

L’ultimo messaggio suona come un principio programmatico: «È tempo di uscire dal tempio per incontrare la gente dove questa vive; tempo della missione affidataci dal Signore Gesù. La Chiesa, la nostra Chiesa, è missionaria; esiste per educare e quindi per evangelizzare. Incontreremo difficoltà, momenti duri, ma noi non possiamo tacere: abbiamo una parola da dire e da dare, ed è la Parola di Gesù Cristo».

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