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Bancarotta a Catania, 9 arresti fra professionisti e imprenditori: c'è anche il padre del sindaco

Società pesantemente indebitate con l'Erario avrebbero sottratto al fisco il pagamento di imposte per oltre 220 milioni di euro grazie a liquidatori prestanome e imprenditori che, invece di dare inizio alle procedure concorsuali, le liquidavano svuotandole di tutti gli assetti positivi trasferiti ad altre società.

A fornire il "pacchetto completo", secondo la Procura di Catania, era lo studio Pogliese, uno dei più importanti del capoluogo etneo, diretto da Antonio Pogliese, 75 anni, padre del sindaco di Catania, Salvo, estraneo all'inchiesta.

Il commercialista è stato posto agli arresti domiciliari insieme ad altre otto persone dalla Guardia di finanza. Le Fiamme Gialle hanno eseguito un'ordinanza cautelare del Gip che ipotizza, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, bancarotte e evasione fiscale nell'ambito di una operazione denominata 'Pupi di Pezza'.

Ai domiciliari anche due associati dello studio, Michele Catania, 53 anni, e Salvatore Pennisi, 46, oltre a Salvatore Virgillito, 66 anni, liquidatore fiduciario dello studio, e a quattro imprenditori. Per altri due imprenditori il Gip ha disposto il divieto di esercitare il diritto d'impresa. Sequestrati quattro marchi registrati e quattro complessi aziendali, per un valore di circa 11 milioni di euro.

Secondo l'accusa, lo studio Pogliese avrebbe predisposto fittizi progetti di riorganizzazione aziendali straordinari o bilanci non veritieri. Lo studio, diventato così formalmente l'intermediario per presentare le documentazioni fiscali all'Erario, avrebbe anche fornito un prestanome, Enrico Virgillito, figlio di Salvatore, pagato circa 400 euro al mese dagli stessi amministratori delle società che si erano rivolti allo studio.

Nelle 372 pagine dell'ordinanza il Gip Santino Mirabella sottolinea che "i reati commessi sono gravi, eccezionalmente dannosi economicamente per la collettività e posti in essere in maniera impudente e spregiudicata".

Per il Gip, Antonio Pogliese è "il promotore e organizzatore dell'associazione per delinquere e dominus dei singoli reati" e contesta a Salvatore Virgillito di "non farsi scrupolo a commettere reati utilizzando il figlio Enrico per minimizzare i profitti della propria attività illecita".

In una intercettazione effettuata dalla guardia di finanza Antonio Pogliese parla con uno dei suoi associati dicendo: "Questa pesantezza dell'azione della Procura non escluderei che possano fare un monitoraggio: la cosa più pericolosa è questa anche perché se lo fanno non lo fanno su Virgillito, che lo considerano un 'pupo di pezza', magari loro lo fanno per colpire qualcun'altro".

Sono state proprio queste parole a dare il nome all'operazione, 'Pupi di pezza'. Il procuratore Carmelo Zuccaro ha auspicato "una riconversione etica" per "uno sviluppo economico ed un ritorno alla legalità in questa città".

Il sindaco Salvo Pogliese ha affermato di essere "dispiaciuto e amareggiato" per la vicenda. "Sono sicuro che mio padre saprà dimostrare la sua totale estraneità ai fatti", ha aggiunto.

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