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Truffavano ricchi giocatori di poker, tre arresti tra Agrigento e Caltanissetta

I carabinieri del Reparto territoriale di Gela, nelle province di Caltanissetta e Agrigento, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei componenti di un’organizzazione criminale specializzata in truffe di giocatori d’azzardo. Tre gli arrestati.

Nel corso dell’indagine, denominata «Showdown», i militari dell’Arma hanno ricostruito come facoltosi professionisti, con il vizio del gioco d’azzardo, venissero raggirati mediante l’uso di un tecnologico marchingegno in grado di 'predire' il risultato delle mani di poker «Texas hold’em». Il giro d’affari dell’organizzazione ammonterebbe a diverse centinaia di migliaia di euro.

L’attività investigativa è stata avviata a seguito di numerose segnalazioni grazie alle quali si è appreso dell’esistenza di una bisca clandestina nel territorio di Gela, all’interno della quale venivano organizzate serate da gioco di poker nella sua declinazione del «Texas Hold’em cash game», mediante puntate senza limiti massimi di importo (e quindi senza limiti di vincita/perdita).

La peculiarità era l’utilizzo, da parte dei membri del gruppo, di un congegno elettronico, in gergo denominato «Pina», in grado di 'predire' il vincitore delle singole mani di gioco, e pertanto utilizzato per pilotare le partite e truffare ignari giocatori. Ulteriore impulso alle indagini è stato fornito dall’attività tecnica, grazie alla quale si è riusciti a documentare molteplici serate di gioco d’azzardo organizzate all’interno di un immobile gestito da due dei tre arrestati, Calogero Lo Porto e Rosario Enea Romano.

I due si occupavano del reclutamento dei giocatori da coinvolgere nelle serate, utilizzando quali criteri di selezione la disponibilità economica e lo stato di dipendenza dal giuoco d’azzardo. Mentre il tezo arrestato, Vincenzo Luaria, regista «occulto» dell’associazione, nonchè proprietario dell’apparecchiatura tecnica, prendeva parte alle giocate fingendosi un normale giocatore e, attraverso la complicità degli altri sodali, riusciva a pilotare l’esito delle singole mani di gioco mediante l’uso della «Pina».

In particolare, il marchingegno, all’apparenza un normale porta fiches, nasconde al proprio interno una telecamera a infrarossi, la quale, dopo aver decodificato il codice a barre impresso in maniera impercettibile sul dorso di ogni singola carta da gioco, calcola attraverso un complesso software a quale giocatore verrà data la combinazione vincente, trasmettendo poi l’informazione a una micro-auricolare e a un cellulare collegati con sistema bluetooth.

Lauria, utilizzando micro-auricolare e cellulare, individuava dapprima il giocatore vincente poi, toccando le fiches di colore rosso, segnale convenzionale deciso in precedenza, avvisava i propri complici allo scopo di pilotare il risultato delle singole mani di gioco.

L’uomo era solito introdurre e cedere dosi di cocaina nella bisca, allo scopo di intrattenere più a lungo le vittime del raggiro, e, quindi, potergli spillare più denaro. Al termine della serata i profitti venivano divisi fra i tre, mentre al resto dei complici - quattro indagati a piede libero - veniva corrisposta una quota concordata in partenza.

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