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Caso Shalabayeva, 6 condanne in primo grado tra cui Renato Cortese

Renato Cortese

Riconosciuto il reato di sequestro di persona per sei dei sette imputati giudicati dal tribunale di Perugia per la vicenda dell’espulsione dall’Italia di Alma Shalabayeva e di sua figlia, nel maggio 2013. Tra questi, l’allora capo della Squadra mobile di Roma e attuale questore di Palermo, Renato Cortese e l’ex dirigente dell’ufficio immigrazione e oggi a capo della Polizia ferroviaria, Maurizio Improta, che sono stati condannati a 5 anni di carcere e interdetti in maniera perpetua dai pubblici uffici.

Questa la sentenza emessa dal terzo collegio del tribunale di Perugia, presieduto da Giuseppe Narducci, che dopo otto ore di camera di consiglio ha letto il dispositivo che prevede pene raddoppiate rispetto alle richieste dal pm Massimo Casucci. Si chiude dunque il primo grado del processo, iniziato nel settembre 2019, per il presunto sequestro della moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, espulsa dall’Italia nel maggio 2013 e poi rimpatriata, insieme alla figlia che allora aveva 6 anni. Oltre a Improta e Cortese, condannati a 5 anni per sequestro di persona anche i funzionari della Squadra mobile Luca Armeni e Francesco Stampacchia. Condannati per sequestro di persona rispettivamente a 4 anni e 3 anni e 6 mesi, i poliziotti Vincenzo Tramma e Stefano Leoni.

Condannati anche per vari episodi di falso, alcuni confermati e alcuni caduti, tutti gli imputati, tra cui Stefania Lavore, il giudice di pace che seguì il caso, per la quale è scattata la pena di 2 anni e 6 mesi.

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