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Il Pnrr affossa la Sicilia e i nostri porti

La pericolosissima strategia insita nel Piano nazionale: potenziare solo Trieste e Genova, lasciando alla deriva tutto il resto. L’Isola e la mini-regione dello Stretto potrebbero essere la “portaerei” italiana nel Mediterraneo e rischiano invece di pagare le conseguenze più gravi di scelte irreparabili

Si discute, spesso, nelle tavole imbandite della politica, di inezie e si dimentica, volutamente o meno, di affrontare temi decisivi per il futuro di un territorio. E quale futuro è più strettamente connesso alla vocazione territoriale di Messina e dello Stretto se non quello riguardante portualità, trasporti e infrastrutture? È la natura di essere città crocevia che ci obbliga a riflettere, a sciogliere i nodi irrisolti, a trovare soluzioni. Non fossimo luogo di transito, di scambi e di interscambio, di intrecci e di contraddizioni, vivremmo tutti forse più tranquilli. Ma ciò che costituisce un problema, è anche ciò che rappresenta l’enorme potenziale beneficio, e ricchezza, per le nostre comunità.
Premessa indispensabile per entrate in uno di questi temi (trascurati) del momento: il Piano nazionale di ripresa e resilienza e il destino dei porti. In questo caso, dei nostri porti, Messina-Tremestieri e Milazzo che, insieme con Reggio Calabria e Villa San Giovanni, fanno parte di una delle sedici Autorità di sistema portuale d’Italia, quella dello Stretto.
Quale visione c’è nel Pnrr riguardo allo sviluppo della portualità? Si potrebbe rispondere: nessuna. E invece è peggio di quel che si temeva e di quel che si dice: c’è la supremazia assoluta dei due poli (qualcuno li ha definiti «le ascelle» del sistema portuale italiano) collocati a Ovest e a Est, sul Tirreno e sull’Adriatico, Genova e Trieste. Tutto il resto è solo dettaglio, svolge (anche questo è stato scritto da esperti del settore) una mera «funzione ancillare». Del ruolo da protagonista di Genova ne beneficiano ovviamente gli altri porti liguri, di La Spezia (la cui Autorità portuale, per inciso, è ben guidata dal messinese Francesco Di Sarcina) e Savona, mentre a Trieste si aggrappano le altre città portuali dell’Adriatico, da Venezia a Ravenna, fino a Brindisi.

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