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Sicilia, Bilardo: «Diritti e servizi uguali per tutti»

Il direttore della Ragioneria generale del Ministero dell’economia parla dei rapporti con le Regioni e i Comuni. Gli scenari della trattativa sullo Statuto siciliano

Salvatore Bilardo

Sul piano della gestione economica e finanziaria quali sono le riforme indispensabili che possono rendere più fluido e trasparente il rapporto tra gli Enti intermedi e lo Stato?
Le relazioni finanziarie tra i vari livelli di governo e, cioè, tra lo Stato, le Regioni, gli Enti locali, non richiedono, a mio giudizio, ulteriori riforme. È solo necessario che venga data attuazione agli articolo 117 e 119 della Costituzione e alla legge n. 42/2009 (sebbene quest’ultima in qualche sua parte da aggiornare): mi riferisco al superamento della finanza derivata, attraverso il passaggio all’autonomia finanziaria basata su tributi propri, addizionali e compartecipazioni, e su un significativo fondo perequativo, al fine di garantire il finanziamento integrale delle funzioni pubbliche a ciascun ente attribuite. Tale visione, che si allontana sempre più da un’ottica centralista basata su trasferimenti erariali storici non sempre legata alle effettive esigenze dei territori, necessita di una chiara scelta, specie di natura politica, sui livelli di servizio delle funzioni pubbliche (LEP-Livelli Essenziali delle Prestazioni) da garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Nel rispetto del principio di uguaglianza sancito dal nostro bellissimo articolo 3 della Costituzione, occorre assicurare uguali diritti a tutti i cittadini, prescindendo dalla circostanza che siano nati in Sicilia o in Lombardia, attraverso un livello minimo uniforme dei servizi che ciascun territorio deve garantire: laddove le risorse proprie di un territorio siano insufficienti a finanziare tale livello, spetta allo Stato intervenire con un fondo perequativo.
Oggi la percezione del cittadino, costretto a fare i conti con servizi pubblici inadeguati, nonostante il salasso delle tasse, soprattutto nel Mezzogiorno, rimbalza in un labirinto di responsabilità in cui convivono i Sindaci, le Regioni e lo Stato. Eppure sarebbe utile identificare e circoscrivere i ruoli per fare chiarezza su capacità gestionali e insufficienze. Come si esce da questa bolla di promiscuità?
Condivido la necessità che sia chiaro ai vari livelli di Governo chi fa cosa, per evitare rimbalzi di responsabilità a tutto danno dei cittadini. Di recente, l’attività normativa statale è intervenuta incisivamente e annualmente sulla semplificazione amministrativa, con lo scopo di migliorare il rapporto tra cittadini e servizi della pubblica amministrazione, da ultimo con il decreto legge n. 77/2021 (c.d. Decreto semplificazioni). Per quanto concerne la Sicilia, occorre considerare che l’impatto degli interventi di semplificazione, talvolta, è rallentato dalla necessità del recepimento, nel rispetto dello Statuto speciale, con legge regionale.
La crisi finanziaria degli enti locali. In Sicilia quasi un centinaio di Comuni sono sul filo del rasoio.
In Italia, la percentuale dei comuni in difficoltà finanziaria è pari al 5% sul totale dei comuni (397 enti su un totale di 7904). Nel territorio siciliano tale percentuale raggiunge la soglia del 21% (82 comuni su un totale di 397). Nella sola provincia di Messina, la percentuale è del 19% (21 comuni su 108), tra i quali, com’è noto, anche la Città di Messina. Per la Sicilia i numeri evidenziano, ad esempio: un rapporto tra il Fcde (fondo crediti di dubbia esigibilità) e le entrate correnti pari all’ 11%, che è superiore alla media nazionale dell’8%. Una capacità di riscossione (rapporto tra entrate riscosse e accertamenti e residui attivi) pari al 38% e quindi largamente inferiore al 51% della media nazionale. Una capacità di pagamento (rapporto tra pagamenti e impegni e residui passivi) pari al 59%, anche questa notevolmente al di sotto della media nazionale del 66%. Ritengo, che vi sia sì la necessità di adeguate competenze, ma queste a volte non bastano se le condizioni socio-economiche del territorio non aiutano: di certo, ad esempio, è più difficile riscuotere i tributi nelle periferie di una città del Sud rispetto ad una città del Nord. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 115 del 2020, intervenendo sulla rimodulazione del piano di riequilibrio di Reggio Calabria, ha riconosciuto che anche le condizioni socio-economiche della collettività amministrata sono profili che incidono sulle crisi contabili ed ha giustificato, in tali casi, gli aiuti a carico della fiscalità generale. E proprio in attuazione di tale principio, negli ultimi anni, sono stati previsti interventi finanziari statali in favore di quelle aree territoriali più vulnerabili. Un ambito cui intervenire con un’incisiva azione di riforma è proprio la parte del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) dedicato alle procedure degli enti in crisi finanziaria e, cioè, parametri di deficitarietà, predissesto e dissesto finanziario: in molti casi, le attuali procedure si sono rilevate inadeguate.

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