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La protesta dei trasportatori, in Sicilia all’orizzonte scaffali vuoti

I padroncini annunciano battaglia e l’inasprirsi della vertenza. Supermercati presi d’assalto come prima del lockdown. Ma Confcommercio rassicura: non c’è un problema di scorte, allarmi inutili

Chili e litri di pasta, latte, acqua minerale, farina, zucchero e altri beni di prima necessità acquistati a razzo, con gli scaffali svuotati in poche ore e riempiti nuovamente, e così via, per tutta la mattinata di ieri fino all’ora di chiusura, poi si vedrà. Sono le stesse immagini andate in scena due anni fa, agli esordi della pandemia, ma adesso, a spingere i consumatori siciliani dentro i supermercati, in una fredda e umida domenica di marzo, non è più l’emergenza Covid, ma la guerra di Putin in Ucraina, o meglio, le conseguenze indirette del conflitto, più esattamente, la protesta organizzata dai camionisti a livello nazionale e regionale, scatenata dal caro carburante.

Market presi d’assalto per paura di un ammanco improvviso delle merci nell’Isola. Psicosi o rischio concreto? A giudicare dalle intenzioni dei padroncini, sembra più probabile la seconda ipotesi, per lo meno a lungo andare. Già, perché anche se la Commissione di garanzia ha bocciato, a causa del mancato rispetto del termine di preavviso di 25 giorni, lo sciopero paventato lunedì da alcuni sindacati del settore trasporto su gomme, «la nostra e la maggior parte delle sigle di categorie, che rappresentano l’80% delle aziende attive in Italia e in Sicilia», spiega il segretario regionale della Fai, Salvatore Bella, «ha aderito all’invito dell’Unatras, l’unione nazionale delle associazioni dell’autotrasporto: da sabato scorso abbiamo i mezzi parcheggiati nei piazzali e continueremo così, aspettando l’esito del confronto con il governo, previsto il 15 marzo. Nessuno può impedircelo, lo Stato non può obbligarci a lavorare, non c’è necessità di comunicare il fermo alla Commissione, e se non verranno trovate soluzioni, come la sospensione delle accise sui carburanti, noi andremo avanti ad oltranza».
Nei fatti, è un “non-sciopero” che può avere gli stessi effetti di uno sciopero, e Bella lo sa bene: «dopo tre giorni senza di noi, tutto il Paese si ritroverebbe al tappeto, soprattutto l’Isola, dove gli approvvigionamenti delle merci nella grande distribuzione si programmano per durare non più di 72 ore. Lo so, non è certo una cosa di cui vantarsi, ma non abbiamo alternative, perché siamo già allo stremo e con questi prezzi, con il diesel che (cosa mai successa) costa più della benzina, mentre persino le cosiddette “pompe bianche”, quelle no logo, offrono il carburante a costi ancor più elevati delle multinazionali, noi non possiamo più viaggiare: se fino a due mesi fa un tir di medie dimensioni da Palermo a Milano, consumando circa di mille litri di gasolio, spendeva massimo 1400 euro, oggi ne servono quasi 2400, tanto che molte aziende, anche le grandi flotte, sono entrate già entrate in deficit».

In realtà, Unatras, che il 19 marzo manderà in scena la protesta dei «Tir lumaca» in tutto il Paese, ha invitato tutte le sigle aderenti a non mettere in atto altre forme di manifestazione prima di allora, «ma non vietando ai padroncini», ripete Bella, di non spegnere i motori, e così faremo». A rischio, oltre all’esaurimento dei generi alimentari, sottolinea Bella, «è anche l’approvvigionamento degli stessi carburanti alle pompe, ma anche dei farmaci, a meno che non intervenga l’esercito».

Confcommercio tranquillizza

Ma dal presidente regionale di Confcommercio, Gianluca Manenti, arriveranno rassicurazioni sulle scorte, «che nei supermarket ci sono, e in abbondanza, anche se in queste ore c’è stata una corsa anomala al prodotto, soprattutto alla pasta», mentre Roberto Tobia, di Federfarma Palermo, precisa che «i medicinali in Sicilia non mancano affatto, e la distribuzione intermedia, quella sul territorio, è in grado di andare avanti per giorni. Certo, se la protesta dei tir dovesse prolungarsi, allora sì, ci sarebbero delle criticità». Intanto, il Codacons chiede «ispezioni a tappeto dei Nas presso società petrolifere, distributori, grossisti e aziende di intermediazione attive nella vendita dei carburanti, allo scopo di accertare dove si annidano le speculazioni che hanno portato all’impennata dei listini».

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