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Andrea Vianello, 30 anni dopo Capaci: «Ho respirato il dolore di Palermo, la memoria è un valore collettivo»

I ricordi: lo smarrimento, la voglia di reagire e non abbassare la guardia

Andrea Vianello

I frammenti di memoria si ricompongono in una costruzione che si fa patrimonio collettivo, sentimento che sottrae il tempo al suo scorrere ineluttabile. Isolandolo. Il 23 maggio 1992, quando le prime impressioni a Capaci ipotizzavano anche il bombardamento sull'autostrada, Andrea Vianello, era al Salone del Libro a Torino per seguire la presentazione di un libro sulla mafia. «Aprì la radio – ricorda – chiamai in redazione. E fui quasi travolto da una sensazione di incredulità, come se mi avessero catapultato in una dimensione geografica e temporale che non riconoscevo. Ma nello stesso tempo avvertivo l'esigenza di capire, raccontare e documentare con il mio lavoro quell’evento terribile. Fui inviato dal Gr1 a Palermo per seguire le fasi successive all'attentato. Furono 15 giorni che non potrò dimenticare, perché ebbi la netta sensazione che accanto alla paura e allo smarrimento ci fosse l'insopprimibile volontà di reagire, di respingere con le coscienze quell'inaudita violenza mafiosa».

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