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Giulia Adamo assolta nel processo “spese pazze” all'Ars: «Finisce un incubo durato dieci anni»

«Credo che chi abbia svolto un ruolo politico debba rendere conto non soltanto al sistema giudiziario ma anche e soprattutto ai cittadini che lo hanno eletto»

Giulia Adamo

«La sentenza d’assoluzione per 11.221,98 euro di spese sostenute dai gruppi parlamentari all’Ars che ho presieduto dal 2008 al giugno del 2012 non mi sorprende». Giulia Adamo sorride amaro davanti alla libreria di casa. È stata sindaco di Marsala e presidente della Provincia di Trapani, oltre che parlamentare regionale, e ha lasciato la politica dopo l’inchiesta sulle “spese pazze” all’Ars, che è diventato col passare del tempo il suo incubo giudiziario giornaliero, «... e mi creda, non possono passare dieci anni dai fatti per avere un verdetto d’appello», riattacca a dire. Oggettivamente sono troppi. Mercoledì è stata assolta dalla corte d’appello di Palermo da alcune ipotesi di peculato, la vicenda era del 2014, per un capo d’imputazione è stata dichiarata la prescrizione «ma con il mio avvocato Luigi Cassata stiamo pensando di ricorrere in Cassazione anche per questa parte e ottenere un verdetto nel merito».

- Come si sente dopo questa ennesima odissea giudiziaria?

«Nel rispetto dovuto alle istituzioni credo che chi abbia svolto un ruolo politico debba rendere conto non soltanto al sistema giudiziario, ma anche e soprattutto ai cittadini che lo hanno eletto. Quindi innanzitutto ritengo doveroso fare alcune considerazioni: la sentenza non mi sorprende perché già nel 2014 fui costretta a dimettermi da sindaco per un’altra vicenda giudiziaria, una condanna per concussione, annullata poi dalla Cassazione. Dopo due assoluzioni per un’imputazione di abuso d’ufficio la Cassazione rinviò il processo alla corte d’appello di Palermo che trasformò l’imputazione iniziale, per cui ero stata assolta due volte, da abuso d’ufficio in concussione. La sentenza fu poi annullata dalla Cassazione. E le racconto il fatto, ormai “felicemente” concluso, che sta dietro questa sentenza, dopo dieci anni e cinque gradi di giudizio. In sintesi: l’avere deciso, da presidente della Provincia di Trapani, su proposta del dott. Ubaldo Augugliaro, dirigente del settore Servizi Sociali, di sospendere i contributi ad un Istituto per audio-fonolesi che dichiarava 128 alunni, mentre in realtà frequentavano soltanto in 10. Ebbene, nel corso dei dieci anni e dei cinque gradi di giudizio posso affermare senza tema di smentita che i 128 alunni non sono mai esistiti, l’Istituto ha concordato il rimborso dei fondi alla Provincia, e il dott. Augugliaro ha sempre reso autorevole, puntigliosa e coraggiosa testimonianza in aula su quello che entrambi riteniamo un “banale” atto di buona amministrazione, di cui siamo tutt’ora orgogliosi».

- E allora perché si dimise?

«Per correttezza. Le dico di più: le mie dimissioni da sindaco portarono tra l’altro alla “sorprendente” sparizione di un progetto esecutivo di messa in sicurezza dello storico porto di Marsala il cui finanziamento era stato inserito dal governo regionale nel Patto per il Sud. Ebbene, il nuovo sindaco orgogliosamente “discontinuo” rispetto al lavoro svolto dalla mia amministrazione smise di rispondere al ministero che chiedeva, richiedeva e sollecitava gli ultimi documenti e, con il beneplacito della Regione, seppellì il lavoro svolto e i fondi spesi, dedicando tutte le sue energie alla realizzazione di un porticciolo turistico privato con 1.200 posti barca. E sottolineo che anche questo secondo progetto era stato approvato dalla mia amministrazione, ovviamente a patto che si adeguasse al progetto pubblico».

- E poi com’è finita?

«Non ho mai compreso l’impegno di dedicarsi alla ricerca di finanziamenti per un porto turistico privato, oltre che incomprensibile si è rivelato fallimentare. Difficile infatti, trovare finanziatori dotati di qualche neurone e disposti a costruire, a proprie spese, una struttura turistica all’interno di un porto fatiscente. Forse si puntava sull’attrattiva di edificare, o meglio cementificare un’area demaniale. Da anni mi chiedo quali interessi possano esserci dietro comportamenti così assurdi... stupidità... menti raffinatissime..., e intanto il porto della quinta città della Sicilia resta in uno stato di assoluto degrado».

- Torniamo alla sentenza di mercoledì...

«Sì, vede, gli inquirenti hanno inizialmente sommato tutte le spese sostenute dai gruppi parlamentari (personale, attività politica, convegni, ecc...), raggiungendo somme impressionanti di svariate centinaia di migliaia di euro, per poi passare a più modeste imputazioni. Nel mio caso siamo passati da un’ipotesi di reato di oltre 400 mila euro a un’imputazione per circa 11.000 euro. Che ritengo particolarmente ingiusta perché, sensibile alle polemiche sui costi della politica e convinta che l’indennità ricevuta dai deputati regionali fosse sufficiente, avevo lasciato nelle casse del gruppo parlamentare la mia indennità di capogruppo, come testimoniato dalla Guardia di Finanza. Inoltre, come testimoniato dai funzionari regionali, non avevo mai chiesto rimborsi per spese sostenute nel mio ruolo di capogruppo e, in caso di missioni, pagavo la benzina e le spese di soggiorno per me e per l'autista. Ma intanto era partito il grande scandalo “spese pazze all’Ars” e sono finita su tutti i giornali d'Italia per aver autorizzato, badi bene, nel corso dì quattro anni di presidenza, l’acquisto di una, dicasi una borsa per una signora che, gratuitamente aveva messo a disposizione il suo storico palazzo per un convegno, e la somma di 440 euro fu divisa tra i due gruppi, Sicilia e Mpa, che avevano organizzato il convegno».

- La somma globale contestata cosa riguardava?

«Erano in tutto 11.221,98 euro. Le fornisco il dettaglio, ho tutto scritto: 4.678,36 euro erano il contributo portaborse del mese si settembre 2009 che ogni deputato riceve mensilmente dal Gruppo, che era già stato pagato a tutti gli altri componenti e che a me è stato pagato in ritardo; 2.527,42 euro erano l’indennità di presidenza, circostanza questa confermata dalla Finanza, incassata solo perché la banca non poteva chiudere il conto del gruppo misto con un avanzo di bilancio e, come ha testimoniato la dirigente del gruppo, non era prevista la restituzione di somme avanzate. La dirigente regionale, vorrei sottolineare, ha inoltre testimoniato che prima di incassare i 2.527,42 euro mi ha accompagnato in Ragioneria, perché volevo essere sicura che fosse un comportamento corretto. Mi sembra poi opportuno ricordare che l’indennità di presidenza per i quattro anni sarebbe stata di oltre 140 mila euro, come dimostrato in giudizio. La Guardia di Finanza, infatti, a suo tempo trasmise alla Procura l’elenco delle indennità di presidenza percepite dai capigruppo solo per verificare se, su queste somme fossero state pagate le tasse; c’erano poi 4.016,20 euro per spese di rappresentanza, sostenute in cinque anni di legislatura, per soggetti con cui i gruppi interloquivano a fini istituzionali».

- E la sentenza di ieri come la commenta?

«La sentenza di ieri non rende giustizia né a me né al mio territorio d’appartenenza. Per anni, il nostro gruppo ha rappresentato la buona amministrazione, dimostrando che la Provincia di Trapani non è solo la terra del boss Messina Denaro ma un territorio dove è possibile presentare progetti esecutivi cantierabili, ottenere ingenti finanziamenti, e realizzare importanti opere pubbliche nei tempi previsti, senza mai una variante in corso d’opera».

- Facciamo qualche esempio?

«Subito... la Funivia di Erice, il Ponte sul fiume Arena, le Strade provinciali, gli Istituti scolastici, le escavazioni dei fondali marini, ma ce ne sono tante altre. E tra i tanti progetti realizzati desidero ricordare l’apertura dell’aeroporto di Trapani-Birgi, che fu costruito con grande impegno di denaro pubblico e poi rimase chiuso per decenni. Questo grazie all’applicazione di un regolamento europeo e nonostante l’incomprensibile iniziale opposizione del governo regionale e nazionale».

- Come si sente, nonostante tutto?

«Adesso ho la serena convinzione di avere chiarito il mio comportamento agli elettori che per anni hanno sostenuto con passione civile il programma di buona amministrazione che abbiamo realizzato in provincia di Trapani, e mi auguro di avere fornito un utile contributo al dibattito sulla riforma della Giustizia. Secondo me non si tratta di “difendere i corrotti” o di rendere più veloci processi ingiusti, ma più banalmente di impedire che si “inventino” reati e si distolga l'attenzione dai veri criminali. Un’ultima cosa, vorrei sottolineare che i capigruppo parlamentari all’Ars che, saggiamente, si rifiutarono di presentare conti, preventivi, documenti, e che si astennero da ogni tipo di collaborazione, non sono stati processati in quanto, e questo è sbalorditivo, “... i gruppi consiliari non hanno l’obbligo i rendicontazione!!!!”. Gli sciocchi come me, che ritenendo di avere agito con correttezza, hanno collaborato con la Guardia di Finanza hanno dovuto, in assenza peraltro di un regolamento regionale, rendere conto in Tribunale delle spese sostenute per le quali, ovviamente, lo ribadisco ancora una volta, non c’era il minimo interesse personale. In più la Corte dei Conti è intervenuta su tutta questa vicenda e in assenza di un regolamento regionale su come utilizzare i fondi dei gruppi consiliari, si è improvvisata organo legislativo e ha deciso quali spese politiche erano giustificabili e quali no”. Evidentemente, e concludo veramente, alcuni di noi hanno colpevolmente dimenticato la lezione degli antichi Greci e peccato di ubris, di “tracotanza”, una colpa che ancora oggi gli dei non perdonano».

- Non è che dopo questa assoluzione sta accarezzando l’idea di rientrare in politica...

«Beh, la politica è una passione civile che si può coltivare anche da semplici cittadini. Credo di aver sempre fatto politica anche nel mio lavoro di insegnante e di preside e, grazie alla sua intervista, spero di aver contribuito al dibattito sui problemi della Giustizia».

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