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Altra notte di sbarchi a Lampedusa, arrivati 287 migranti. Oltre 2600 ospiti nell'hotspot, sull'accoglienza tuonano i presidenti di Regione

Ieri soccorse 28 imbarcazioni con 1.149 persone a bordo

Altra notte di sbarchi a Lampedusa dove, dopo il soccorso di 8 barchini, sono approdati complessivamente 287 migranti.

Ieri, in 24 ore, con 28 imbarcazioni, ne erano arrivati 1.149. Tre i trasbordi, fatti in mare aperto, dalla nave Ong Geo Barents che dopo il salvataggio ha affidato ai militari della motovedetta della Guardia costiera, 45, 26 e 45 sedicenti ivoriani, gambiani, malesi, nigeriani, palestinesi e sudanesi. All’alba, la motovedetta della Guardia di finanza ha bloccato, direttamente nelle acque del porto, un barchino di 5 metri con a bordo 28 (4 donne e 1 minore) tunisini. E lo stesso era accaduto poco dopo le 2,30 quando è stato agganciato un peschereccio di 10 metri con 62 (donne e 5 minori) originari di Eritrea, Siria, Sudan, Egitto e India. Sui natanti agganciati, durante la notte, c'erano da un minimo di 10 a un massimo di 62 persone. Stando alle dichiarazioni dei migranti, le barche sono salpate da Sfax, Djerba e Kerkenna in Tunisia, ma due - con a bordo 31 e 62 persone - anche da Zuwara in Libia.

Tutti i gruppi sono stati portati all’hotspot di contrada Imbriacola, nel quale al momento sono presenti 2608 ospiti dove hanno subito preso il via le procedure di pre-identificazione e fotosegnalamento. La Prefettura di Agrigento, d’intesa con il Viminale, ha già disposto il trasferimento, a bordo del traghetto di linea Galaxy che partirà alle 11,30 per Porto Empedocle, di 530 persone, mentre nel pomeriggio, con una nave militare, la cui destinazione è ancora da stabilire, ne verranno trasferite altre 600. Ieri, con destinazione Porto Empedocle e Trapani, erano stati trasferiti 620 migranti.

Sbarchi continui. Le Regioni, 'No alle decisioni imposte'

Sbarchi continui, al ritmo di un migliaio di persone al giorno e nelle ultime ore il picco di 1.400 migranti giunti sulle nostre coste. Torna a salire la pressione degli arrivi in Italia e le Regioni aprono con il governo il fronte delle collocazioni e dell’accoglienza nei propri territori, invocando «decisioni comuni» con l’esecutivo affinché le scelte non siano «imposte». Numeri e malumori gravano sullo stato di emergenza nazionale, già dichiarato lo scorso aprile, ma il Viminale getta acqua sul fuoco e assicura «la massima disponibilità al dialogo con tutti gli interlocutori istituzionali», compresi i governatori come già accaduto in passato.

Parallelamente il commissario Valerio Valenti è impegnato innanzitutto a fronteggiare la nuova ondata, con l’individuazione di nuove aree esclusivamente temporanee e appositamente dedicate in Sicilia e Calabria: «lo facciamo per poter sopportare il significativo aumento del carico: stiamo creando e implementeremo alcuni 'punti di crisi', ovvero aree di primissima accoglienza, come abbiamo fatto a Lampedusa». E sottolinea: «stiamo stressando il territorio per l’aumento degli arrivi, che è fisiologico in estate, ma il sistema tiene e questi problemi ci sono sempre stati».

Le cifre crescono vertiginosamente proprio nel giorno in cui la premier Meloni e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen arrivano a Tunisi per la firma del memorandum con il presidente Kais Saied. Ed è proprio sulle collocazioni nelle varie Regioni che i governatori chiedono un confronto diretto con il governo, affinché ci sia una cambio di passo: «Bisogna evitare decisioni calate dall’alto. C'è bisogno di una collaborazione che porti a scelte prese di comune accordo», tuonano vari presidenti di regione, divisi tra quelli di centrosinistra, che intendono gestire autonomamente le collocazioni, e quelli di centrodestra, in particolare la Lega, che lamenterebbero il malfunzionamento del sistema di accoglienza diffusa. Del resto già nei giorni scorsi il friulano Fedriga, che è anche presidente della Conferenza delle Regioni, aveva bollato come un «grandissimo fallimento» l’accoglienza diffusa dei migranti, esprimendo un analogo giudizio per i «grandissimi centri dei accoglienza» che a suo avviso «non hanno funzionato». Critiche sono piovute nel senso opposto dal veneto Zaia, una voce fuori dal coro rispetto ai colleghi del Carroccio, il quale ha ribadito la sua richiesta di investire il più possibile sull'ospitalità diffusa contro «la realizzazione di altre tendopoli», aggiungendo poi: «il mio Veneto non ce la fa più e tutta l’Africa in Italia non ci può stare». Il governatore dem toscano Giani chiede invece «un ascolto maggiore dell’intero mondo del terzo settore, che negli ultimi anni si è allontanato dalla gestione dell’accoglienza».

L’apertura su questi temi arriva anche dal commissario all’emergenza migranti: «il sistema tiene e questi problemi ci sono sempre stati - chiarisce Valenti - . Nel 90% dei casi la collocazione ha funzionato e funziona. Ci sono state ricadute più forti su qualche territorio, ma sono criticità che nascono da situazioni specifiche. Da sempre - aggiunge - l’asse portante dell’accoglienza sono lo Stato e i sindaci: ora ci sono in campo anche le regioni e noi, in questo approccio emergenziale, siamo aperti e disponibili a idee diverse e se dovessero risultare valide, in una logica di cuscinetto, le valuteremo».

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