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La Sicilia prigioniera del fuoco e il tragico balletto di Canadair ed elicotteri

All’indomani del deserto di sterpi anneriti che è diventata per buona parte la Sicilia prigioniera del fuoco, qualche domanda bisogna pur farsela. E il punto-chiave, al di là della fondamentale prevenzione antincendio mal gestita da decenni, quello cioè che salta più all’occhio anche di un profano, è l’ormai rituale tragico “balletto dei Canadair” e degli elicotteri regionali, tra “misteriosi numeri” e “misteriose rotte” che ogni volta diventano un totem invalicabile. I Canadair sono solo sedici, dicasi solo sedici, in tutta Italia? E quanti ne sono stati impiegati in una delle più devastanti giornate di roghi in Sicilia? E gli elicotteri regionali in carico alla Forestale, che dovrebbero essere nove per tutta l’isola, erano tutti agibili oppure qualcuno era fermo da tempo per manutenzione?

E soprattutto, perché in una regione diciamo “assolata” come la nostra, dove l’estate è sinonimo di incendi anche per quei criminali con l’accendino che poi si beano a guardare il fuoco, non ci dotiamo di una vera e propria flotta capace di intervenire in tempi rapidi e massicciamente ovunque? A Messina per esempio, nella giornata devastante di martedì sono potuti arrivare solo due Canadair, il terzo ci è stato negato per l’emergenza di Palermo, e le “richieste” rimaste in coda inevase, se abbiamo capito bene, sono state oltre una ventina. Una ventina.

Sono questi i punti su cui bisogna interrogarsi per intervenire radicalmente e cambiare le cose, altrimenti rimarranno le solite parole di circostanza dopo ogni disastro ambientale senza programmare alcun futuro. Bisogna cambiare passo perché la situazione attuale, da questo punto vista, è realmente inconcepibile e assurda.

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