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Messina Denaro con un "pizzino" rifiuta le esequie religiose: nella Chiesa "uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato"

Le immagini della "vera" cattura

Una famiglia divisa fra L'Aquila e Castelvetrano ha vegliato su Matteo Messina Denaro, da venerdì in coma irreversibile. Al suo capezzale, all’ospedale San Salvatore, da alcuni giorni la figlia Lorenza mai incontrata prima e appena riconosciuta in carcere, la nipote Lorenza Guttadauro, che del boss è anche tutore legale, e la sorella Giovanna. Sono loro a tenere informati gli altri familiari in Sicilia sull'evoluzione di un quadro clinico disperato.

A Castelvetrano le ultime ore del boss sono vissute in silenzio, secondo tradizione, dall’anziana madre Lorenza Santangelo e dalla sorella Bice. Il fratello Salvatore vive invece a Campobello di Mazara, il paese dell’ultimo covo di Matteo Messina Denaro. E la sorella Rosalia, conosciuta come Rosetta, nome in codice «Fragolona», è in carcere con l’accusa di essere stata un elemento centrale del sistema criminale governato dal fratello.

Messina Denaro aveva scelto: non ci saranno funerali religiosi. Questa è una volontà del boss lasciata scritta in un vecchio pizzino ritrovato dai carabinieri nel covo di Campobello di Mazara. Il padrino, che ancora non era ancora stato aggredito dalla malattia e già proclamava di essere capro espiatorio, usava contro la Chiesa parole di fuoco: «Rifiuto ogni celebrazione religiosa perché fatta di uomini immondi che vivono nell’odio e nel peccato». E con Dio, scriveva in un altro pizzino, aveva fatto pace.

Sarà la famiglia a curare, quando sarà, il trasferimento della salma a Castelvetrano. Il boss avrà un posto nella tomba di famiglia, accanto a quella del padre Francesco, morto da latitante nel 1998. Nella tomba porterà tutti i suoi ingombranti segreti: le stragi del 1992, gli attentati del 1993, l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un collaboratore di giustizia, l'unico delitto per il quale ha detto di non avere dato alcun ordine. Sul resto nessuna parola perché, come aveva annunciato nel giorno dell’arresto al procuratore Maurizio de Lucia, «con voi parlo ma non collaborerò mai».

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