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La tifosa del Palermo che ha perso la falange del dito: "Non mi sento più al sicuro"

Mercoledì il suo dramma in quella che doveva essere una serata spensierata per fare il tifo per il suo Palermo. Parla Francesca Mistretta, la tifosa rosanero che mercoledì 8 novembre ha perso la falange di un dito nella ressa al Renzo Barbera. «Stavo piangendo, quello che mi è successo provoca in me molta paura, al solo pensiero di tornare allo stadio sono terrorizzata» ha raccontato a Monica Panzica del Giornale di Sicilia. «Come potrei mai sentirmi al sicuro adesso? - continua - Seguire la propria passione non può voler dire rischiare di finire in ospedale». Ha cinquantacinque anni, quasi tutti trascorsi senza trascurare mai l'amore per la sua squadra: «Seguo il Palermo praticamente da quando sono nata. Quando ero piccola andavo allo stadio con papà, è stato lui a trasmettermi questa passione intorno alla quale ha sempre ruotato tutta la mia vita. Ogni anno, non appena viene reso noto il calendario, mi organizzo con largo anticipo e adeguo il lavoro e appuntamenti alle date e agli orari delle partite. Mi sono allontanata dallo stadio soltanto quando sono nati i miei due bambini, ma poi ho coinvolto anche loro. Quando sono cresciuti, in curva ho ritrovato la mia dimensione insieme ai tanti amici con cui non perdiamo alcun match, sia in casa che in trasferta».

Francesca torna su quella drammatica sera: «Non voglio più andare allo stadio, né in trasferta. Avevo già fatto i biglietti aerei per le partite a Parma e a Terni, ma non ci andrò. Mercoledì ho vissuto un incubo: superato il pre-filtraggio dove in molti vogliono entrare senza biglietto e arrivata al tornello, ho provato a mettermi in fila in mezzo a una massa confusa e disordinata di persone. Mentre mi accingevo a entrare, mi hanno spinto e sono finita sul divisorio metallico anteposto al tornello. Mi è letteralmente saltata la falange del dito mignolo, ho perso molto sangue. Sono svenuta due volte, stavo per avere un attacco di panico. Devo ringraziare il medico dell'ambulanza che mi ha assistito dopo la mia amica e il mio compagno, i primi a soccorrermi e che hanno vissuto con me questa esperienza terribile».

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