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Mafia: 9 fermi tra Catania e Agrigento, sventata guerra tra i clan Cappello-Bonaccorsi e Santapaola-Ercolano

Nuovo blitz antimafia. Su delega della procura della Repubblica, oltre 100 carabinieri hanno dato esecuzione, nella Provincia di Catania e in quella di Agrigento, a nove fermi di indiziato di delitto, alcuni dei quali destinati a persone legate anche da vincoli di parentela a esponenti di vertice della famiglia «Santapaola-Ercolano».

Contestati nell’operazione «Leonidi» i reati di associazione di tipo mafioso, detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, detenzione e porto illegale d’arma da fuoco, con l’aggravante di aver commesso il fatto con la finalità di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa di appartenenza.

Sventato un omicidio ai danni di Pietro Gagliano (indicato nelle conversazioni degli indagati come appartenente al contrapposto clan «Cappello-Bonaccorsi») a opera di alcuni personaggi di spicco dell’associazione mafiosa «Santapaola-Ercolano». Un delitto che avrebbe ulteriormente scatenato una guerra tra clan. (AGI)

Blitz a Catania, "giovane leoni" contro la vecchia mafia etnea

"Giovani leonì che scalpitano e boss maturi che preferiscono un basso profilo, ritenendolo più utile agli affari criminali. E’ la contrapposizione registrata all’interno di Cosa nostra etnea dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania che 'ascoltanò e registrano le fibrillazioni all’interno della cosca Santapaola-Ercolano. Il tema del contendere, ricostruisce la Dda etnea, è la risposta violenta, un omicidio, che il ventenne Sebastiano Ercolano, rampollo dell’omonima famiglia mafiosa, vuole dare a una sparatoria contro esponenti di Cosa nostra.

Vuole dare un segnale degno del suo "rango" «per lavare l’onta subita e riaffermare la "credibilità" della famiglia di Cosa Nostra etnea» e organizza l’eliminazione del rivale. Piano saltato per l'intervento di carabinieri, che eseguono il fermo di nove indagati, e che non aveva l’avallo degli esponenti storici di Cosa nostra.

Dalle intercettazioni emerge la «vecchia mafia», quella dei "grandi", ovvero degli esponenti più anziani e di vecchia affiliazione, alla quale si contrappone l’azione della «mafia giovane», spregiudicata, irruente, avvezza alla esibizione di status symbol sui social e alla vita gaudente.

Quella che si fa vedere, e quella che agisce sotto traccia. E’ il caso anche di Davide Enrico Finocchiaro, che per la Dda è «gravemente indiziato, allo stato, di essere responsabile dello storico gruppo del Villaggio Sant'Agata», che avrebbe «più volte rivendicato con orgoglio la propria appartenenza a Cosa Nostra catanese anche in quanto «espressione di un gruppo 'insignito di medagliè, ovvero 'i morti, gli ergastolanì». E non certo i giovani leoni della nuova mafia.

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