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Se la Regione apre le porte... delle “bische”: gioco d'azzardo nelle tabaccherie siciliane

Un tizio esce dal casinò in canottiera e mutande. «Voilà! Andata male eh?!». «Sì, ma per fortuna ho saputo fermarmi in tempo». La battuta di Gino Bramieri immortala con paradossale ironia i demoni acquattati negli abissi del gioco d'azzardo che si fa vortice, bilico, baratro.
La corsa spasmodica alla fortuna in Italia ha fatturato 150 miliardi nel 2023, 136 miliardi nel 2022. Un milione di italiani rincorre numeri, gratta e scommette. Molti si ostinano, insistono, precipitano nei gorghi della deriva. E sono drammi che strisciano senza fare rumore, se non quello che sconvolge famiglie, riducendo in macerie rapporti umani e risparmi di una vita. Tanto che in questi anni il «disturbo psicologico che consiste nella dipendenza patologica dal gioco d'azzardo» ha trovato spazio di assistenza nel Servizio sanitario nazionale. Nel nostro Paese esistono 200 centri per la cura della ludopatia.
Nel 2020 la Sicilia si era dotata di una legge. Fissava limiti all’espansione sfrenata delle “spire” che avvolgono gli invasati delle slot e delle tante trappole ammalianti. La norma imponeva ai Comuni con più di 50mila abitanti di mantenere le distanze (non meno di 500 metri) delle sale gioco da scuole, chiese, ospedali, centri per anziani, caserme, camere mortuarie, cimiteri, centri giovanili e impianti sportivi. «La nuova legge – osservava la presidente della commissione Sanità all’Ars Margherita La Rocca Ruvolo – ha l’obiettivo di tutelare la salute delle persone, spesso vulnerabili, che rischiano di ammalarsi da gioco d’azzardo e che hanno bisogno d’aiuto. I sindaci avranno la possibilità di poter intervenire efficacemente tramite controlli sulla proliferazione delle sale da gioco nel loro comune disponendo, qualora necessario, regolamenti e prescrizioni restrittive». Più che argine e contromisura era una spia culturale che coglieva le trame pericolose di un fenomeno sociale dilagante, fagocitato dagli interessi affaristici delle mafie. Non c'è rapporto investigativo che negli ultimi anni non abbia assegnato al gioco d'azzardo, più o meno clandestino e illegale, un ruolo strategico nell'economia criminale.
Ebbene dopo tre anni l'Ars e il governo regionale, oggi come ieri a trazione centrodestra, sconfessano quella legge e legittimano la proliferazione capillare dei centri di scommesse, autorizzando le tabaccherie a ritagliarsi sgabuzzini per piazzare anche le slot machine. Un colpo di mano assestato nei titoli di coda della Finanziaria regionale, grazie anche al silenzio-assenso dell'opposizione, distratta dalle “mance” rivendicate per garantire campo libero alla manovra economica. È come se in un fiume a rischio esondazione si spianassero gli argini per dare sfogo alle acque limacciose generate da una frana incombente.
Una scelta dissennata che - va da sé - soffoca quell'alito culturale, sovraespone i cittadini e fertilizza il terreno per l’espansione degli interessi criminali. Cui prodest?

 

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