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Strage di Altavilla, il nuovo avvocato di Fina e Carandente: «Sono andati lì per amicizia, ci sono contraddizioni nel racconto della figlia»

«Un delitto raccapricciante. Non mi sono ancora fatto un'idea, voglio prima parlare con i miei assistiti». Vuole vederci chiaro Marco Rocca (nella foto), l'avvocato calabrese che, dopo la rinuncia dei colleghi palermitani, ha assunto la difesa di Sabrina Fina e Massimo Carandente, la coppia di conviventi accusati di avere partecipato al delitto nella villetta di Altavilla Milicia dove sono stati uccisi Antonella Salamone e i due figli Emanuel di 5 anni e Kevin di 16.

Rocca, intorno alle 10 di questa mattina (21 febbraio), ha raggiunto Fina e Carandente al carcere Pagliarelli di Palermo dove i due sono detenuti. È stato il fratello di Fina a consigliare alla sorella di farsi rappresentare dall’avvocato Rocca – che esercita nel Foro di Crotone – con il quale aveva collaborato in qualità di esperto informatico, dopo che gli avvocati Vincenzo e Sergio Sparti hanno rinunciato all’incarico di assistere la coppia.

«Sono qui per capire come siano andate le cose - ha detto ai giornalisti che lo aspettavano davanti all'ingresso del carcere -. Voglio guardarli negli occhi, finora ho letto soltanto l'ordinanza. L'appartenenza a una setta? Per il momento non ho contezza di questo». Su Sabrina Fina e Massimo Carandente pesano le accuse che arrivano da Giovanni Barreca e dalla figlia ma «ci sono altre questioni che vanno valutate nel complesso», sottolinea il legale.

Dunque la lettura di quanto è accaduto all’interno della villetta potrebbe essere diversa da quanto finora è stato rappresentato. Secondo il difensore, come ricostruisce il Giornale di Sicilia in edicola, la strage andrebbe valutata sotto una luce differente, a cominciare ovviamente dalla posizione di Barreca e della figlia di 17 anni che ha ammesso con lucidità di aver partecipato alle violenze nei confronti della mamma e del fratello più grande.

Ma anche il ruolo dei due «fratelli di Dio» potrebbe essere ridimensionato rispetto all’iniziale ricostruzione dei fatti: il livello di coinvolgimento di ognuno di loro, infatti, potrebbe avere sfumature e quindi responsabilità indipendenti rispetto alla ricostruzione iniziale. La pista principale è quella di una rete di fanatici religiosi che hanno costruito la propria setta, ispirandosi agli insegnamenti di una o più religioni ufficiali per poi separarsene, dedita agli esorcismi violenti, alla tortura e alla brutalità.

«Ho incontrato i miei assistiti. Mi hanno fornito degli spunti investigativi e si deve ancora cercare di capire a fondo la vicenda. Respingono le accuse comunque». E’ quanto ha affermato Rocca appena uscito dal Pagliarelli: «Sono sconvolti tutti e due, molto provati da questa situazione come ovvio che sia», ha aggiunto. Al loro legale, i due hanno riferito di aver frequentato la casa di Barreca per amicizia. "Erano persone che si conoscevano - ha aggiunto l’avvocato - Si sono conosciuti sui social». La coppia ha ammesso di essere stata nella villetta. «Non sono andati lì per liberare la casa dai demoni. Sono andati lì per un rapporto di amicizia. Al momento non posso dire altro anche per rispetto del lavoro che stanno facendo gli inquirenti», ha spiegato. I due indagati avrebbero detto che nella versione della 17enne che avrebbe partecipato alla strage ci sarebbero delle contraddizioni.

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