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Gli editori si confrontano a Taobuk: Qualità parola d'ordine della trasformazione digitale

Nella grande prateria del web i pionieri sono diventati latifondisti e la terra promessa è ora proibita ai nativi, agli indiani che fanno fatica a sopravvivere nelle riserve. È il moderno far west dell'informazione, dove gli editori italiani combattono come i pellerossa nel tentativo di arginare lo strapotere dei coloni bianchi, i giganti del web, monopolisti della Rete che si nutrono del valore produttivo rilasciando tossine. Il filo conduttore ha coniugato i due dibattiti sul “Diritto d'autore, tra ipotesi di tutela e nuove sfide” e “La libertà di espressione e di stampa”, temi cruciali affrontati nella cornice di Taobuk, indicati dal gruppo editoriale Ses Gazzetta del Sud-Giornale di Sicilia, mediapartner del festival in corso a Taormina, come snodi decisivi per l'informazione tradizionale, alla ricerca del filo di Arianna per uscire dal labirinto.

Sul diritto d'autore si sono confrontati Andrea Angiolini, direttore editoriale della società editrice Il Mulino; Elido Fazi, fondatore della Fazi Editore; Stefano Mauri, presidente e amministratore delegato del gruppo Mauri Spagnol; Paola Passarelli, direttrice generale Biblioteche e istituti culturale del Mibac; Ernesto Franco, direttore editoriale dell'Einaudi, e Lino Morgante, amministratore delegato del gruppo Ses Gds e direttore editoriale della Gazzetta del Sud e del Giornale di Sicilia. Il dibattito è stato moderato dal giornalista del Corriere della Sera Paolo Conti.

L'assessore regionale alla Pubblica istruzione, Roberto Lagalla, ha sottolineato l'impegno primario: «Valorizzare il capitale umano, perché abbiamo bisogno di arginare la fuga dei giovani dalla Sicilia». Gli investimenti sono obbligati: cultura e conoscenza. E qui il diritto d'autore diventa la linea del Piave per bloccare l'invasione dei colossi come Google. I relatori si sono ritrovati nel considerare il copyright la trincea dei valori democratici. In questa direzione hanno chiesto al governo di accelerare i tempi per rendere operativa la direttiva europea che fissa i primi paletti contro lo i monopolisti della rete.

Ecco che la libertà di espressione fa da staffetta e prosegue nel solco tracciato dal diritto d'autore. Al dibattito - moderato dalla giornalista del Corriere della Sera Viviana Mazza - hanno partecipato Alessandro Bompieri, direttore generale News Italy Rcs; Edoardo Garrone, presidente del gruppo Sole 24 Ore; Lino Morgante; Giuseppina Paterniti, direttore del TG3; Fabrizio Carotti, direttore generale della Federazione italiana Editori Giornali; Antonio Di Bella, direttore di Rai News; Giuseppe Ferrauto, direttore generale Cairo editore e Vito Crimi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega all'editoria.

La grande opportunità della rivoluzione digitale mostra il suo volto sinistro e gli editori sono costretti a inseguire una Ferrari con la Panda. La battaglia non è ad armi pari. Anzi, i giganti del web come funghi parassiti si nutrono della produzione editoriale e divorano il mercato pubblicitario, lasciando le briciole a chi tenta di dare una sostenibilità economica alle imprese “artigianali”.

Qualità è la parola chiave dell'informazione, ma i costi per garantirla non possono essere vanificati da un esproprio non tanto proletario, visto che le grandi società del web sono ormai entità sovrastatali con bilanci astronomici. L'appello è rivolto, di nuovo, al governo: è giunto il momento di iniettare risorse nel sistema, non per aiutare le imprese, ma per mantenere in piedi un sistema dell'informazione che altrimenti rischia di crollare. Le istituzioni, Antitrust compresa, devono accelerare il passo, perché l'editoria è stretta nella morsa di una fagocitosi e di una emorragia: da una parte i monopolisti della Rete, dall'altra l'erosione di copie e pubblicità.

Paola Passarelli è pronta a insediare il comitato che dovrà riempire di contenuti la direttiva europea sul diritto d'autore, anche se già siamo un po' in ritardo: «In Francia la riforma è già in parlamento», ha ricordato Lino Morgante.

Il tempo è un prezioso alleato dei colossi del web: «Non pagano le tasse, sono irresponsabili, si muovono con arroganza e ora vogliono anche battere moneta», ha osservato Stefano Mauri. Non è solo l'esigenza di trovare un equilibrio per bilanciare questo strapotere, perché come ha avvertito Ernesto Franco, «il copyright è una garanzia di libertà, altrimenti gli autori si ritroveranno alla corte del principe di turno». E allora avanti tutta con la riforma che deve tutelare «creatività e mediazione professionale», ha sottolineato Andrea Angiolini, mentre Elido Fazi ha messo in guardia contro la concentrazione di potere nel settore digitale.

La premessa è che la produzione editoriale e la qualità hanno un costo, ha ribadito Lino Morgante, «anche i giovani devono essere educati a rispettare questo principio, correlandolo con la garanzia di libertà».

Sforzi e sacrifici s'infrangono quando ogni giorno i telefonini diventano distributori abusivi dei quotidiani, messi in rete da “pirati” che spacciano comodamente con un clic dagli Stati Uniti e dalla Russia, ma non solo: «È indispensabile - ha auspicato l'amministratore delegato della Ses - introdurre sanzioni anche per i fruitori, rendendoli consapevoli della gravità del reato e del danno alle imprese».

Cambia il tema ma non la ricerca del filo di Arianna per trovare una via d'uscita. La libertà di espressione e di stampa è direttamente proporzionale alla sostenibilità economica, e quindi all'indipendenza, della società editrice, ha sottolineato Alessandro Bompieri. L'informazione come valore regge e c'è spazio per i giornali, ha osservato Fabrizio Carotti, «ma il tema è economico, occorre ad esempio rendere più trasparenti i meccanismi della pubblicità». Il sottosegretario Crimi teme che la nuova direttiva sul diritto d'autore possa privilegiare il rapporto tra i colossi del web e i gruppi editoriali più forti (ma non si può ipotizzare una sorta di contratto collettivo?). Poi ha spostato l'analisi sulla necessità di tutelare i giornalisti, alzando scudi sulle fonti e le querele temerarie.

La domanda di informazione è alta, «ma i giornali non possono inseguire il web». Certo, ma non è proprio un valore giornalistico rovesciare in rete un video girato con il telefonino. E allora tocca a Giuseppina Paterniti ricordare che la rivoluzione digitale non ha scalfito gli elementi qualificanti del giornalismo: schiena dritta e autorevolezza. Senza trascurare le insidie dei processi di selezione, sempre più circoscritti a laboratori formativi che teorizzano un mestiere inscindibile dall'esperienza autentica. Bisogna fare in fretta, ha avvertito Antonio Di Bella, insistendo sulla riconoscibilità, indicata anche dai giovani come discriminante per la scelta dell'informazione.

Le aziende sono chiamate a compiere una rivoluzione organizzativa, ha affermato Edoardo Garrone, investendo sulle competenze, perché «bisogna dare qualità se si vuole giustificare il costo di un giornale».

Lo scenario non è incoraggiante, a tal punto che Giuseppe Ferrauto si è chiesto: «Fino a che punto saremo in grado di garantire la libertà di stampa senza risorse adeguate?». Proclamare lo stato di crisi può essere la doccia fredda in grado di scuotere il settore dell'editoria, ha concluso. Perché, ha aggiunto Lino Morgante, «oggi le aziende non hanno possibilità di programmare, l'orizzonte si ferma a sei mesi. Un intervento del Governo per dare ossigeno al settore è essenziale, soprattutto per attutire la crisi che in questo momento sta interessando soprattutto i lavoratori poligrafici». Le formule ci sono e il sottosegretario Crimi ha ipotizzato anche un piano per incentivare il lettore ad acquistare i giornali. La crisi morde. Occorre delineare una strategia istituzionale capace di riaffermare e difendere il valore della produzione giornalistica, come fattore economico e radice della coscienza democratica. Perché «mi piace la tua libertà - è la felice sintesi di Ernesto Franco - . E a te la mia?».

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