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Coronavirus, stagione a rischio? Con "Ifigenia", Siracusa spera nella forza del teatro

Ifigenia non abbraccerà Oreste, ma il Teatro Greco di Siracusa non vuole rinunciare alla forza della parola, pronunciata 2.400 anni fa e che da 100 risuona in Sicilia.

«L’Italia è cultura, la cultura è centrale ed è sempre presente anche quando non sembra esserlo, prontissima a sfavillare nuovamente a ogni livello, in ogni geografia, in ogni luogo a ad ogni ora»: Antonio Calbi, sovrintendente della Fondazione Inda, l’istituto del dramma antico di Siracusa, ritiene che la Fase 2 dell’Italia debba ripartire proprio dalla cultura e considera ancora possibile la stagione classica al Teatro Greco di Siracusa, in forte dubbio per l’emergenza Covid19.

La data di inizio delle rappresentazioni è slittata al 28 maggio ed in programma sono due tragedie di Euripide, le “Baccanti” ed “Ifigenia in Tauride”, e la commedia “Le Nuvole” di Aristofane.

«I tempi verranno dettati – spiega Calbi all’Agi – dai decreti e dalle modalità di partecipazione agli spettacoli dalle prescrizioni e noi ci adegueremo. Dobbiamo tenere conto che per provare uno spettacolo ci vogliono almeno quattro settimane, e altrettante per attrezzare il Teatro Greco. Non ci è dato sapere ora le modalità di partecipazione agli spettacoli. Siamo un teatro all’aperto e dunque immaginiamo prescrizioni diverse, forse meno rigide, rispetto a quelle per un teatro al chiuso, che ha pure l’aria condizionata. Stesso discorso vale per le mascherine: se verranno prescritte saranno adottate e gli spettatori saranno fatti entrare solo se rispettano le regole che ci verranno date. La salute e la vita delle persone vengono prima di ogni cosa».

Oltre al problema di come assistere agli spettacoli, l’altro nodo è rappresentato dalle modalità di recitazione e dalla stessa regia. «Non sta a noi decidere le regole da rispettare. Saranno i decreti a dettarle. Una volta che saranno diffuse le valuteremo e cercheremo i modi di soddisfarle. Faremo il massimo sforzo – dice Antonio Calbi – per salvare le produzioni e la stagione e gli artisti sono disponibili a trovare le soluzioni più efficaci sul piano artistico e che soddisfino le prescrizioni. Non mi sento di escludere a priori la possibilità che si vada in scena: se Ifigenia non potrà abbracciare “fisicamente” suo fratello Oreste, le parole possono fare tanto e anche in teatro esiste una grammatica, al pari del montaggio nel cinema, cui concorrono tanti elementi per lo sviluppo della drammaturgia e della sequenza scenica. Gli artisti sono creativi anche davanti a limiti e precetti, sapranno inventarsi le soluzioni giuste, le più originali e inattese, ne sono certo».

“Ifigenia”, dal canto suo, vuole andare in scena. «Non stiamo ancora provando – spiega Anna Della Rosa, che la interpreta – se per prove si intende quel periodo in cui ci si ritrova fisicamente tutti insieme in una sala a lavorare, ma in questi mesi c’è stato un bellissimo e molto ricco e stimolante dogo con Jacopo Gassmann, il regista di Ifigenia in Tauride, e ho studiato e sto studiando, leggendo, immaginando un lavoro per me affascinante e molto utile di avvicinamento a un testo nuovo; è come prepararsi a un grande viaggio, leggi guide, resoconti di altri viaggiatori, ascolti la musica del luogo, i poeti di quella terra e le tragedie classiche e Ifigenia sono testi straordinarie, terre tutte da esplorare per gli artisti che vi lavorano e per gli spettatori che vorranno assistervi».

E poi c’è il problema dell’assembramento, determinante ai fini del contagio, che potrebbe cambiare lo stesso modo di recitare. «Non so quali saranno le indicazioni – dice Anna Della Rosa – per poter svolgere il nostro lavoro in sicurezza, se ce lo permetteranno, se dovremo stare distanti fra noi, sicuramente so che la potenza delle parole della tragedia greca in generale e di Ifigenia in particolare - pensiamo al tema dei fratelli lontani che non si possono seppellire, alla peste che incombe su una città - ora più che mai risuona vibrante e struggente e vitale».

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