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A colloquio con lo scrittore Gaetano Savatteri: “La Sicilia? È l’isola del tesoro...”

Montalbano, Rocco Schiavone, Lolita Lobosco e ora “Màkari” – tutti in onda su RaiUno – danno ulteriore lustro all'isola

Sì, stiamo attraversando un momento d’oro per la fiction italiana. Specialmente quella tratta dai libri che, dopo aver conquistato i lettori, replica il proprio successo sul piccolo schermo. L’inarrivabile Montalbano, Rocco Schiavone, Lolita Lobosco e ora “Màkari” – tutti in onda su RaiUno – ispirata dai libri del giornalista e scrittore Gaetano Savatteri (classe ’64, nato a Milano ma cresciuto a Racalmuto) che nelle prime due puntate ha registrato eccellenti dati d’ascolto. Composta da quattro puntate (stasera e il 29 marzo le ultime due alle 21.15 su RaiUno), diretta Michele Soavi e prodotta da Palomar, ha al centro il giornalista Saverio Lamanna, interpretato dal 46enne palermitano Claudio Gioè (“Il capo dei capi”, “La mafia uccide solo d’estate”) che dopo essere stato licenziato dall’incarico di portavoce al Viminale torna nell’isola e si improvvisa detective, mosso dalla curiosità e da sani principi. Lo scenario del racconto, tanto in pagina (la serie è edita da Sellerio che ha appena pubblicato “Quattro indagini a Makari”) che sullo schermo, è una parte della Sicilia meno nota al pubblico tv ovvero la costa nordoccidentale – Palermo, Trapani, San Vito Lo Capo, Baia Santa Margherita e la Riserva dello Zingaro – e certamente ci sarà una ricaduta turistica sul territorio. Completano il cast la spalla Peppe Piccionello (Domenico Centamore), la fidanzata Suleima (Ester Pantano), il padre vedovo (Tuccio Musumeci) e la ristoratrice, Marilù (Antonella Attili).

L'intervista

È felice?
«Tanto. Il merito è della produzione tv, le puntate le ho viste solo in post-produzione ma l’emozione c’è. Ciò che mi rende fiero è l’aver reso la Sicilia un personaggio potentissimo, raccontandola in tutte le sue bellezze da una costa all’altra. L’isola è un contenitore di storie, noi siamo nati e cresciuti sull’isola del tesoro. Poi accadono cose che ci fanno maledire questo territorio ma non dovremmo scordare cosa significa essere nati qui. Non è oro tutto quello che luccica, ma quello che luccica è oro».
Saverio Lamanna celebra l’isola ma non ne nasconde le brutture. È l’atteggiamento corretto?
«Ho amici siciliani che postano su Facebook foto di bagni al mare nei mesi invernali, provocando l’invidia generale. Questa è la Sicilia. Poi però prendi l’autostrada con i viadotti che si spezzano, entri in un ospedale e non funziona niente. Anche questa è Sicilia. E paradossalmente, quando qualcosa funziona alla perfezione, diciamo “non sembra di essere in Sicilia”. C’avete fatto caso?».
Perché accade?
«Amare l’isola significa impegnarsi per far diventare efficiente una macchina amministrativo-burocratica in cui tutto debba funzionare senza stupore, esigendo efficienza e professionalità».
Il regista Michele Soavi ha detto: «Lamanna è un Don Chisciotte travolto dalle onde».
Le piace questa definizione?
«Sì, è così. Lui torna in Sicilia da naufrago, è Ulisse che torna ad Itaca. Saverio non riconosce l’isola, si sente smarrito, sperduto e avendo dormito in altri letti e mangiato in altre tavole non è più propenso ad accettarne le storture».
Suleima è lontana dallo stereotipo della donna del Sud?
«Molto. Suleima è una donna che non ricorre a strategie e tattiche di seduzione. È una donna che sa trarsi d’impaccio, vuole vivere in Sicilia perché è libera e sa cosa vuole. A ben vedere, anche in tempi e mondi diversi c’è sempre stata una quota di donne siciliane orgogliosamente libere, basti pensare a quelle testimonianze rese nei processi mafia da donne, accusando mariti e familiari in nome della giustizia».
Claudio Gioè è il “suo” Saverio Lamanna?
«Ciascun lettore immagina il protagonista mentre lo legge. È inevitabile, l’ho fatto anche io, prima di tutti, scrivendolo. Ogni bravo attore interpreta e Claudio Gioè è bravissimo nel leggerlo, nel renderlo a proprio modo. Gioè, pirandellianamente, indossa la maschera di un personaggio che, a sua volta, sa di essere un personaggio. Un gioco di specchi».
Peppe Piccionello – un po’ Sancho Panza, un po’ Giufà – com’è nato?
«Credo che Lamanna e Piccionello siano due polarità. Saverio è la Sicilia illuminista, senza retorica, razionale, in una parola direi la Sicilia sciasciana. Ma c’è anche l’isola barocca, fortemente emotiva, che vive di pancia e di eccessi, con il riso e le lacrime. Ogni siciliano sa di avere queste due anime che possono anche entrare in conflitto fra loro. Brancati lo disse in un saggio, la Sicilia è attraversata dal vento del nord che ci invita ad essere razionali e da quello del sud, sahariano, che ci induce alla passione».
Inevitabilmente le domando: come vive il parallelo con Camilleri e Montalbano?
«Io sono originario di Racalmuto, ancor prima di Camilleri c’è Sciascia. Ma chi scrive da Messina deve fare i conti con D’Arrigo. E in generale, in Sicilia c’è anche Tomasi di Lampedusa... Ecco, chiunque su quest’isola decida di scrivere, non deve fare i conti con una scuola di scrittura siciliana ma con figure molto potenti che incombono sulla pagina. Siamo tutti nipoti, facciamo parte di un maestoso ritratto di famiglia che include Camilleri, Sciascia, Vittorini, Brancati… Sono figure ingombranti, legate fra loro da amore e rivalità, antenati che ti osservano dalle tele e ti dicono, “lascia perdere, abbiamo già scritto tutto noi”».
E come si supera questo freno inibitore?
«Chi decide di scrivere sull’isola mette in conto di doversi liberare di un’eredità ingombrante. Ci salva quel nostro modo di fare guascone: “d’accordo, avete detto tutto, vi ho letto ma una cosa la posso dire anch’io?”».
Come sta vivendo la pandemia?
«Come tutti, con grande stanchezza. Quando ho visto le prime due puntate di Màkari, quei luoghi, le spiagge, il mare azzurro e aperto, ho sospirato, sperando di poterci tornare presto».
Lei è il nuovo direttore artistico della Marina di Libri. Cosa state preparando?
«Vedremo cosa accadrà con il virus ovviamente, ma avremo una nuova location e spero che il prossimo settembre questo evento potrà segnare finalmente un nuovo inizio per Palermo e la Sicilia. Ne abbiamo tutti un gran bisogno».

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