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Tra i “carusi” di Vanina: l’ultimo libro della siciliana Cristina Cassar Scalia

Già primo in classifica, il nuovo capitolo delle avventure dell’investigatrice che ha conquistato il cuore degli italiani. La saga, in autunno, diventerà una serie tv

Quando in autunno andrà in onda la serie televisiva tratta dai romanzi di successo della scrittrice netina Cristina Cassar Scalia, allora i suoi tanti affezionati lettori potranno vedere la “sua” Vanina (sarà l’attrice siciliana di Mazara Giusy Buscemi) e il “suo” Patanè (sarà l’attore messinese Maurizio Marchetti) in “carne e ossa”. Per chi ancora non lo sapesse, Vanina è Giovanna Guarrasi, vicequestora palermitana in servizio a Catania e Patanè è Biagio, “Gino”, commissario in pensione, memoria storica della Mobile catanese che a più di ottanta anni «senza indagini non sa stare». Come in “La banda dei carusi”, appena nato nella famiglia Einaudi, già in vetta alle classifiche e che è stato presentato a Messina nella libreria di Daniela Bonanzinga che Vanina l’ha vista nascere – dice la libraia – «quando era appena un puntino nella mente dell’autrice».

Un puntino che pretendeva di crescere e sta facendo un suo percorso, come ha raccontato la Cassar Scalia nella sua conversazione con Lucilla Risicato, giurista e onnivora lettrice, davanti a un pubblico appassionato che di Vanina, di Patanè, di Angelina, moglie di Patanè, di Bettina, vicina di casa di Vanina, sa tutto, ma proprio tutto, sino a immaginarli in “carne e ossa”. Vanina, come si sa, è una persona (la chiama proprio così la Cassar Scalia) determinata ma con le sue fragilità, coi suoi fantasmi legati alla drammatica uccisione del padre, uomo di legge, sempre sensibile alla tragedia della morte violenta, ma decisa a mantenere la distanza necessaria dall’emotività affinché agiscano la lucidità della ragione e l’intuito istintivo alimentato a freddo (cosa condivisa con Patanè) magari mentre sogna, o guarda i suoi amati film d’epoca, o mentre mangia prodotti di rosticceria.

Però, ha osservato la Risicato, in questo romanzo Vanina è un po’ diversa dal solito, più coinvolta con quello “struggimento del cuore” che solitamente tiene a bada.
«Sì, l’ho voluta mettere alla prova – concorda la scrittrice – , essendo lei per prima una vittima, cerca di non farsi coinvolgere dal dolore dei sopravvissuti, di coloro che hanno voluto bene alle vittime, ma in questo caso non ce la fa, perché la vittima è Thomas Ruscica, uno dei ragazzi “riusciti”, salvati da tossicodipendenze e da vite calpestate della comunità di don Rosario Limoli nel quartiere S. Cristoforo di Catania. Un personaggio e una comunità d’invenzione, ma chiaramente un omaggio a don Pino Puglisi. Ecco, la morte di Thomas mi ha permesso di raccontare un’altra situazione, e anche dei rapporti di Vanina con la comunità e con un prete che mette a servizio degli altri la sua vita».

Insomma, una Vanina che – come la Cassar Scalia ci ha detto altre volte – sta facendo un suo percorso e che ha ancora tanto da raccontare, ben lontana da un processo di “saturazione”, un rischio dei “gialli”, provocatoriamente adombrato dalle domande della Risicato, che pure ha evocato Sciascia per ricordare lo statuto letterario del “giallo” e la sua lettura della società e della storia attraverso i suoi meccanismi. Del resto, si può aggiungere, Sciascia diceva «quando una cosa si comincia tutto sta nel continuarla», e Cristina Cassar Scalia ha tanto da continuare: «La mia professione di medico mi porta almeno due volte la settimana a raggiungere da Catania il mio studio a Rosolini. Ecco, capita che in quel tempo del viaggio Vanina mi stia sul collo e mi parli, tanto che spesso devo fermarmi per prendere appunti su quello che Vanina mi suggerisce».

Ecco chi è Vanina e il suo mondo che è allegro (non mancano le gag comiche di Angelina con Patanè e con «questa Guarrasi») e triste, malvagio e innocente, ora cieco di fronte alla verità ora determinato nel cercarla con tutta la squadra di collaboratori, di amici, familiari, conoscenti che vivono e crescono insieme. Personaggi amatissimi coi quali per prima si diverte la stessa Cassar Scalia, lettrice già a sedici anni di Simenon e spettatrice dei film d’epoca (non dimentica il “suo” Maigret” con Gino Cervi), cosa, questa, condivisa con Vanina. Che è una sbirra comparsa nel momento giusto per superare un certo maschilismo imperante nella narrativa “gialla”. Che sia brava poi, non dipende dal fatto di essere donna e di avere una marcia in più: «Non fa nessuna differenza, come in tutte le professioni, io ho conosciuto sbirri bravissimi e altrettante sbirre in gamba, e altre e altri meno bravi – dice la scrittrice – , ma una cosa è certa, Vanina, lontana da stereotipi estetici, l’ho fatta nascere e costruita come è piaciuto a me».

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