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Meravigliosa Piera Degli Esposti, il «verbo umano» in un'eccezionale serata di ricordi a Catania

«L’attore ha un compito nella vita: consolare, facendo ridere come Totò o già solo presentandosi con la sua maschera “impudica” come Eduardo. Per essere attore bisogna calarsi nel proprio buio profondo e poi risalire alla luce». Aveva un altissimo senso del teatro, spazio-mondo nel quale si sentiva a casa, Piera Degli Esposti, la grande attrice scomparsa due anni fa e ricordata a Catania in una serata di memorie, testimonianze ma anche di aneddoti curiosi, condotta dalla giornalista Maria Lombardo e svoltasi allo Zo Centro Culture Contemporanee.

“Piera parla di Piera”, l’omaggio ideato da Nicola Conticello, già ufficio stampa di Piera e suo grande amico, e organizzato dall'Associazione Musicale Etnea, è un viaggio nel mondo di Piera che inizia da Catania per l’amore che nutriva verso la Sicilia, dove aveva recitato tante volte, sia con “La Passione”(che fece tappa a Catania e a Messina) sia al teatro greco di Siracusa, con interpretazioni di grande potenza, da Elettra ad Alcesti, da Io e Clitemnestra ad Atena, ricevendo, perciò, l’Eschilo d’Oro 2003.

Tra testimonianze, del fratello Antonio, della nipote Lisa, dei registi Andrea Chiodi, Aurelio Grimaldi e Luca De Fusco, letture, video e intermezzi musicali, con le esecuzioni di Graziana Leonardi al violoncello e del maestro Nello Nicotra al contrabbasso (su musiche di Antonio Marcello e Nello Nicotra), Piera Degli Esposti, questo «verbo umano» (così la chiamò Eduardo De Filippo) «assente ma vicina anche da lontano» (come recitava la sua spiritosa segreteria telefonica), ha riempito la scena essenziale del teatro Zo con la sua ironia e la sua umanità (metodo di vita e di recitazione). Lo ha fatto attraverso Pamela Villoresi e Galatea Ranzi che hanno letto con grande intensità brani tratti da «Storia di Piera», un libro intimo e deflagrante scritto con l’amica Dacia Maraini, un’indagine “verticale” nei complessi sentimenti familiari che scava nell’ingranaggio dell’esistenza (e infatti Piera amava Simenon che “scavava” nell’umano col suo Maigret).

«Io sono di carattere verticale – scriveva – mi piace l’autore-rabdomante, ma mi vedo anche come una zattera cui rimanere aggrappati con pazienza, dote che ho molto forte». E poi, attraverso il video «Tutte le storie di Piera» di Peter Marcias e il cortometraggio «Lettera d'amore a Robert Mitchum» di Francesco Vaccaro, con una splendida Piera che legge una spiritosa lettera, mai spedita, al suo idolo Mitchum, che poi avrebbe conosciuto grazie a Lina Wertmüller.

Era entrata nel teatro da attrice non “laureata”, a partire dalle prime esperienze con Antonio Calenda e Gigi Proietti, ma poi da «guerriera» (come l’ha definita la nipote) ha accolto tanti ruoli cinematografici e televisivi, nonostante «inizialmente temesse che quegli schermi enormi potessero prenderle l’anima», passando da registi come Wertmüller e Pasolini a Moretti, Taviani e Bellocchio, da Tornatore a Sorrentino (che l’ha inserita nella «categoria degli inarrivabili»), da Milani a Grimaldi (che ha ricordato l’esperienza di «Nerolio»), muovendosi tra numerosi film e serie tv (da «Ritorna il tenente Sheridan» del 1963 e «Il conte di Montecristo», 1966, a «Tutti pazzi per amore» 2008-2012, e a «Che Dio ci aiuti», 2019, solo per citarne alcuni).

Perché la sua lezione continui («senza i libri e senza il teatro, cibo per la mente – diceva – non possiamo vivere»), come hanno ricordato i familiari, la Cineteca di Bologna, la sua città, che le ha già dedicato una mostra, istituirà un sito permanente mentre si pensa a una fondazione a lei intitolata.

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