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Le ragioni degli angeli, ma quelli qui in terra. A Catania concerto da applausi per S. Agata

La musica di Emanuele Casale e il cuntu di Gaspare Balsamo per una serata indimenticabile

A un certo punto li ho chiamati, e sono arrivati lì, con me. Mio padre e mia madre, e altri morti miei che non vi dico. Quando il cuntu di Gaspare Balsamo è giunto al suo culmine, e dopo lo strepito feroce del martirio ha liberato tutta la luce, la voce, la grazia degli “angeli n’terra”, e tra loro di Sant’Agata, e ci ha chiesto – che era assieme cuntista e officiante, strumento e mastro concertatore – di chiudere gli occhi e pensarli, pensarli intensamente, i nostri “angeli ‘n’terra”, ciascuno il suo o i suoi, e sentirli come in quel momento sentivamo la musica e le parole, e il loro modo magnifico, intimo e collettivo, di riempire lo spazio del Teatro Massimo Bellini di Catania, e dilagare, in modi misteriosi, per tutta la città, che sta entrando nella sua festa più antica e condivisa, nel nome della Patrona.
È stato un atto della festa, un prologo necessario per musica, voce e anima, anzi anime, tutte quelle di chi ha avuto la fortuna e il privilegio di assistere, giovedì sera, al concerto – o meglio “Scena musicale per recitante, orchestra e coro” firmata dal brillante e raffinato compositore etneo Emanuele Casale, con testi del cuntista Gaspare Balsamo – “Le ragioni degli angeli”, produzione dedicata dal Teatro, come ormai avviene da alcuni anni, grazie all’impegno del sovrintendente Giovanni Cultrera, alla festa della Santa Patrona.
Una produzione che mette assieme eccellenze catanesi e siciliane e viene offerta (anche a un prezzo popolarissimo e inclusivo) alla cittadinanza, perché il senso primo e ultimo delle istituzioni culturali è appunto questo: creare comunità. Il teatro, d’altronde, era stracolmo e vibrante: lo sentivamo fin da quando si stava riempiendo poco a poco, e i musicisti dell’Orchestra prendevano posto e accordavano gli strumenti, e i suoni pure riempivano la volta della sala, e ci preparavamo tutti a quello strano rito, a quell’esperimento di bellezza.
Il cuntu, forma potente e antica, aveva uno dei suoi adepti e maestri migliori, l’ericino ma catanese d’adozione (e pansiciliano per cultura e afflato) Gaspare Balsamo, che ha trasformato la storia di Agata in una storia universale, capace di echeggiare, oggi, in ogni martirio scelto per integrità e libertà, in ogni sofferenza che si fa luce per tutti: con la sua forza percussiva e il suo dialetto primordiale e umanissimo (ma che riusciva a tradurre, rendere chiaro, anzi gioioso, persino il «credo quia absurdum» di Tertulliano) ci ha cuntato di Agata la fanciulla che si scopre, dentro, una forza incontenibile, e passando attraverso la violenza dei carnefici e l’orrore dell’ingiustizia e della tortura diventa “angelo ‘n’terra” («che sona ca’ luci e no ca’ vuci») e poi vola verso l’eterno, si fa luce. Umanissimi, gli “angeli ‘n’terra”, invisibili, dimessi eppure potenti: li avrebbe richiamati, subito dopo la fine del concerto, il breve discorso dell’arcivescovo di Catania monsignor Luigi Renna, che ha ricevuto dalle mani del sindaco e presidente del Teatro Enrico Trantino il premio intitolato a Luigi Maina, da parte della benemerita Fondazione Sant’Agathae, presieduta da Rosario Scandurra. L’arcivescovo, citando più volte papa Francesco e l’enciclica «Fratelli tutti», ha voluto dedicare il premio ai tanti operatori per l’inclusione e contro l’abbandono scolastico, al mondo del volontariato: tutti “angeli ‘n’terra” invisibili, tutti protesi a creare e difendere quella cosa magnifica, il senso di comunità.
E quelle parole tanto più risuonavano negli animi toccati e felici, negli animi s-concertati dal concerto per musica, voci, note e racconto, punteggiato dal «melologo» dell’attrice Alessandra Lombardo: parole latine tratte da testi antichi (Sant’Agostino e altri anonimi), ma in qualche modo lucenti, assolute e senza tempo. «Lux», «pax», «vox»: altrettanti sigilli all’emozione della musica di Casale, micro-overture e sette movimenti in cui si fondevano – nella sapiente direzione di Claudia Patanè, altra assoluta eccellenza catanese, giovane ma di provato talento, con un curriculum impressionante – classica e “post-classica”, in un dialogo intenso, profondo e coinvolgente fra tradizione e avanguardia, mirabilmente interpretato dall’Orchestra e dal Coro del Teatro, diretto dal Maestro Luigi Petrozziello.
Il melologo, il cunto, la musica (anch’essa in fitto dialogo interno di forme e soluzioni) dell’orchestra, le voci del coro: un’esperienza forte e davvero non dimenticabile. Siamo usciti toccati da quella luce che, assieme col silenzio, era la cosa più difficile a farsi, a rappresentarsi coi suoni: quell’«absurdum» diventato urlo gioioso – «E sunamula st’assurdità» – richiama nell’etimo il «dissonare», una dissonanza che diventa creativa e rivoluzionaria, come la storia della Santa. Tra gli “angeli ‘n’terra” ci sono senza dubbio pure gli artisti, e noi gliene siamo grati.

Foto di Giacomo Orlando

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