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Lei, Fedra, e la sua ossessione. Parla Paul Curran, il regista della tragedia che debutterà a Siracusa sabato

Una «storia modernissima». E una riflessione su quegli «dei che ci dominano» anche oggi, agendo sulla nostra mente

«E’ una moglie con un amore non esattamente proibito. L'idea principale dei greci è un amore che vuol dire Eros, quindi non è alla Disney: è un amore erotico, profondo. È un amore che si fa fatica a capire perché è la base, l'elemento sessuale dall'essere umano, sia donna che uomo». Paul Curran racconta la sua «Fedra (Ippolito portatore di corona)», di Euripide, con la traduzione di Nicola Crocetti, che debutterà sabato al teatro greco di Siracusa, protagonista Alessandra Salamida, seconda tragedia in cartellone per le rappresentazioni classiche della Fondazione Inda.

Il regista scozzese ha diretto produzioni nei principali teatri e teatri d’opera di tutto il mondo, da New York a Londra.
«Paragonando con l’oggi – dice – , vedo la base di questo amore, lo stato psicologico della donna o di qualsiasi persona. Una donna che non riesce a capire il perché di questa ossessione: come è successo, quando è successo, la forza di questo amore e questo impulso che non riesce a superare. Vedo subito un collegamento tra il passato e l'oggi: parliamo tantissimo della nostra salute mentale. E 2500 anni fa stiamo parlando della salute mentale di una donna che né i suoi servi, né i vicini di casa capiscono. Quindi per me è una storia modernissima».

E la salute mentale oggi è messa alla prova da quelle che lei chiama «ossessioni malsane».
«Noi stiamo parlando su un telefonino. Io già stamattina sono stato bombardato da migliaia di informazioni, più o meno inutili, su varie cose sia per email che Instagram che Facebook. Ogni tanto, più spesso che mai, io mi stacco dal social perché sento la testa assolutamente piena di varie cose. Posso anche paragonare questo stato con l'ossessione di Fedra perché è un una forza esterna che lei poverina non riesce a controllare. Anche con i social: se tu ti butti sui social, diciamo in inglese “the rabbit hole of Youtube” (la tana del coniglio di Youtube) dove entriamo, seguiamo un video dopo l'altro con tante informazioni. Così si diventa matti e queste informazioni che ti prendono la mente. È molto difficile scappare. È molto chiaro il paragone per me».

Sono i nuovi dei che ci governano?
«Chi sono gli dei? All'epoca erano forze fuori dallo stato umano, fuori dal potere o dal controllo o dall'essere umano. Oggi che dei abbiamo? Negli ultimi 150 anni abbiamo imparato benissimo il mondo della psicologia: ci sono flussi che ci bombardano di informazioni che facciamo fatica a capire. Oggi ancora di più, perché questa è l'epoca in cui qualsiasi persona, una persona di 70-80 anni fino a un bambino di sei, è bombardata d’informazioni. Quindi chi sono gli dei? Sono queste influenze, questi poteri intorno a noi: la lotta dell'essere umano è controllare, crederci, non crederci. Ed è molto difficile. Penso ai giovani di oggi che si paragonano sempre con chi ha mangiato la pizza a pranzo, chi compra altri asciugamani, chi prende lo zucchero con qualcosa, che tipo di maquillage fa uno o l’altro. È un bombardamento continuo che io trovo altamente faticoso. I greci ci hanno insegnato tutto: l'influsso degli dei, dei poteri intoccabili sulle vite degli esseri umani e poi come l'essere umano riesce a sopravvivere con questi influssi».

Come gestirà lo spazio dell’antica cavea rispetto agli attori?
«Lavorare al Teatro greco è un'esperienza unica nel mondo. Per me è una sfida ed un onore. È uno spazio in cui tu entri e senti già una magia. Non avrei mai immaginato di fare qui una regia. È uno spazio abbastanza vuoto, anche rispettando i greci perché i greci non hanno fatto enormi scene per concentrarsi sull'azione degli attori. La scenografia è molto semplice: sono venuto l'anno scorso ad assistere a qualche replica e ho imparato. Lo spazio per me deve concentrarsi sull'attore, quindi ho dato loro spazio ma con la presenza di un palazzo ed una enorme statua che rappresenta sia la donna che la dea. Preferisco lasciare il resto alla fantasia degli spettatori. Il Palazzo è un’impalcatura: Teseo si è ritirato in esilio di Atene, ma non si capisce se questo palazzo sia in restauro o in crollo. Lo stato della vita di Teseo non è per niente chiaro: ha avuto relazioni con l’amazzone, ora con Fedra, ma anche con la sorella di Fedra, Arianna. È un uomo che ha offeso gli dei in vari modi ed anche in continuazione, e perciò le scene sono semplici, i costumi una miscela del modernismo con occhio al passato ai greci, ma piuttosto una via di mezzo. Avremo proiezioni, luci e varie altre cose. Ho degli attori che mi seguono ad ogni passo, hanno trovato la libertà di esprimersi perché essendo io un regista di scuola british australian mi distacco dalla scuola italiana. Ho fatto tre giorni di training e lezioni con gli allievi dell’Adda. Con tutti i gruppi con cui ho lavorato negli ultimi 30 anni, non ho mai visto un gruppo così concentrato, così voglioso di fare questo testo».

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