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Sicilia: «Tra qualche mese l’olio costerà come il Dom Pèrignon»

Allarme siccità, produzione in calo e prezzi alle stelle: la fotografia della drammatica situazione che attraversa la filiera dell’olio extravergine d’oliva in Sicilia

Foto Italpress

«Gli effetti dei cambiamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. Oggi registriamo 24 gradi, tutti i bacini sono praticamente vuoti e dall’inizio dell’autunno ci sono stati pochissimi giorni di pioggia. Questo caldo eccessivo che si protrae dall’inizio del 2023 ha determinato il bruciarsi della fioritura con un calo produttivo di oltre il 50 per cento in Sicilia. L’aspetto più inquietante è che se continuerà così, con questo caldo e siccità l’anno prossimo non avremo produzione. Già i prezzi sono più che raddoppiati, rischiamo tra qualche mese di dover comprare l’olio come il Dom Pèrignon». Allarme siccità, produzione in calo e prezzi alle stelle: a fotografare la drammatica situazione che attraversa la filiera dell’olio extravergine d’oliva in Sicilia è l’imprenditore oleario Manfredi Barbera, parlando con i giornalisti in occasione della 14esima edizione de “L’isola del Tesolio”, il convegno promosso e organizzato dal Cofiol (Consorzio filiera olivicolo) a Palermo. Un’emergenza che investe non solo l’Isola ma tutta l’Italia e che ora sembra avere effetti anche sulle abitudini dei consumatori, che si stanno orientando verso olii di oliva meno pregiati, un fenomeno che in futuro potrebbe anche accentrarsi.

«È difficile al momento stimare con precisione le perdite del settore – ha proseguito Barbera –, ma da quasi un anno a questa parte il prezzo è più che raddoppiato. Stiamo perdendo così quote di consumo, perché un consumatore che era abituato a comprare un litro d’olio a 5-6 euro oggi lo trova a 13-15 euro. La gente purtroppo sta tornando indietro verso gli oli di semi». Il futuro del settore si annuncia così denso di incognite, soprattutto in assenza di soluzioni in grado di contrastare gli effetti del cambiamento climatico.

«Ricerca, sperimentazione e innovazione devono essere le tre linee guida per affrontare questa emergenza – ha evidenziato ancora Barbera –. Da parte nostra abbiamo realizzato il primo impianto di uliveto moderno che funziona grazie a un grande lago che fa da riserva idrica. Nel momento in cui occorre irrigazione di soccorso possiamo provvedere. Tra l’altro abbiamo fatto con un bando specifico del Psr, quindi la politica è a conoscenza di tutta una serie di cose e spesso è vicina al mondo produttivo».

Una situazione climatica, quella del bacino del Mediterraneo, che «ha fatto sì che nel 2023 la produzione di olio fosse estremamente scadente – ha detto Francesco Tabano, presidente di Federolio –. Paradossalmente sentiamo spesso dire che un buon olio non può costare al di sotto di una certa cifra, ma negli ultimi tempi stiamo assistendo ad annate in cui c’è poco prodotto e spesso neanche buonissimo, quando il prodotto è quantitativamente limitato le percentuali di rischio di attacco da parte dei parassiti sono superiori, ma di fatto essendoci poco olio il prezzo va alle stelle, quando invece c’è una grandissima produzione con prodotti qualitativamente superiori magari il prezzo cala».

Per Tabano, il paradosso è proprio questo: avere sul mercato prezzi alti per prodotti di scarsa qualità e prezzi bassi con alta qualità: «Questa situazione si può risolvere solo lavorando di filiera a partire dalla risoluzione del problema idrico, che è un fattore non più stagionale, ma strutturale. Non possiamo avere annate da tre milioni di tonnellate e annate da due perché questo porta scompensi sul mercato. L’industria italiana è stata bravissima negli ultimi quarant’anni ad avvicinare un alto numero di famiglie al consumo di olio, ma con i prezzi di oggi molti si allontanano dall’olio extravergine per andare su prodotti meno nobili».

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