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Musumeci, l'uomo di destra

Nello Musumeci è un uomo di destra che nel tempo ha dovuto riporre nel sottopelle la sua purezza ideologica. Le esperienze istituzionali hanno calmierato gli aspetti più ruvidi del suo approccio linguistico, pur mantenendo quella fluidità dialettica che nelle sfumature degli accenti ricorda ancora la scuola di Almirante e quel tono politico che poi trovò in Gianfranco Fini un modello di applicazione oratoria.

L'emergenza coronavirus ha modificato ritmi e contenuti del linguaggio, sfrondandolo, rimuovendo filtri e mediazioni per liberare una comunicazione più diretta e istintiva, depurata da condimenti e orpelli baroccheggianti, come se la parola rifiutasse ricami dialettici. Siamo costretti a perdere ma non a prendere tempo.

Soprattutto a livello istituzionale questa esigenza linguistica ha consentito al governatore di rispolverare espressioni che riflettono la cultura di destra, incline ai moniti pugnaci. E siccome siamo in "guerra", quale migliore occasione per riassaporare formule belliche esaltate dalla solennità del condottiero? Così il 24 marzo: «E' anche brutto in questa battaglia vedere qualche disertore mentre l'esercito marcia. Ma la storia ce lo insegna, un esercito in marcia non si ferma a fucilare i disertori, li abbandona per strada».

Martedì, invece, durante il suo intervento alla trasmissione televisiva Omnibus: «Ci sono stati degli errori iniziali di cui adesso è bene non si parli, perchè in tempo di guerra non si fanno processi». Esercito, marcia, disertore, fucilare, processi: parole d'ordine di un armentario bellico adattato alla guerra contro il nemico invisibile. Ed è vero, questa sciagura collettiva ci obbliga a mettere da parte l'interlocuzione come prassi socio-politica, perché abbiamo bisogno di concentrare energie e sforzi sul fronte della vita per sconfiggere un avversario infido e sconosciuto.

Non c'è tempo per fare ammuina. Ma questo nuovo spirito di interazione, modellato dall'emergenza, non può essere scudo e alibi per forzature che riflettono lo spirito dell'uomo solo al comando. Questa battaglia si vince anche con la capacità di ascoltare e valorizzare le voci che nelle realtà locali rappresentano i sensori più affidabili.

Si vince se le promesse si trasformano, attraverso meccanismi semplici, rapidi e controllati, in ristoro economico per i bisogni dei cittadini. Si vince se i fondi sono disponibili, ora e subito, senza aprire partite parallele con lo Stato. Ci sarà tempo per la resa dei conti. Oggi valgono solo verità e trasparenza. Allora anche il linguaggio bellico sarà un ricordo da raccontare.

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