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Mario Venuti lancia “Tropitalia”. Un ponte musicale fra Brasile e Italia

Realizzato con il messinese Tony Canto, esce oggi l’album che propone brani storici riarrangiati con sonorità sudamericane

Rileggere classici della musica italiana con sonorità tropicali: un’impresa atipica e complessa messa a punto in “Tropitalia”, nuovo album di Mario Venuti in uscita oggi su cd, digitale ed lp, prodotto da Microclima e Puntoeacapo e distribuito da Artist First. Registrato tra New York, Rio de Janeiro, Roma, Scordia e Spadafora in Sicilia, con la produzione artistica del messinese Tony Canto, l’ultima fatica del cantautore catanese di origini peloritane propone brani storici della musica italiana dagli anni ’30 ai 2000, riarrangiati su basi di tipiche sonorità sudamericane. Nel disco alcuni giganti della canzone italiana, tra cui Domenico Modugno, Alan Sorrenti, Loretta Goggi, Tiziano Ferro, Gianni Morandi e altri, riproposti su un tappeto sonoro che spazia dal samba alla bossa nova fino al bolero.

Stasera Venuti sarà in concerto con la sua band (ore 22.30) al Festival del Cinema Italiano – Monreale Premio Ambiente. «Tropicàlia è un disco del 1968 – ci spiega - il manifesto del tropicalismo, movimento nato dall’unione tra le sonorità popolari brasiliane e il pop e il rock dell’epoca di Beatles e Jimi Hendrix. “Tropitalia” quindi è un gioco sulla parola traslato da lì, come ponte musicale tra Brasile e Italia».

L’album contiene delle interessanti “contaminazioni”, con originali accostamenti alla musica brasiliana. Quali sono stati i criteri di scelta dei brani e degli arrangiamenti per ciascuno dei pezzi?

«L’idea del disco è nata durante il lockdown del marzo 2020, cercando su YouTube canzoni del passato e pezzi di “Canzonissima”, e tirando giù degli accordi dei brani, per farli miei. La prima è stata “Il cuore è uno zingaro”, e poi altre, fino a concepire l’idea di un disco tutto di canzoni italiane, ma con un abito più vicino alla musica brasiliana, mia grande passione. Con Tony abbiamo voluto essere il più comprensivi possibili, con uno sguardo piuttosto ampio sui pezzi che provavamo; basti pensare che “Vivere” è degli anni ’30. Avevamo a disposizione un mare magnum di centinaia di canzoni, e siamo andati a istinto, con l’unica convinzione di evitare la canzone d’autore di artisti come De André e Fossati e privilegiando pezzi di musica leggera, anzi leggerissima».

L’amore per le sonorità sudamericane è nella tua musica dai tempi del primo singolo da solista “Fortuna” (1994). Qual è la sua magia?

«I brasiliani sono grandissimi poeti, come dimostrano i loro testi. Dal punto di vista compositivo la musica brasiliana e soprattutto la bossa nova è molto sofisticata, piuttosto vicina al jazz; per cui i musicisti godono di accordi bellissimi e complicatissimi, perché è un repertorio tecnicamente difficile. E poi il loro canto è suadente, mai urlato e intimista, e sembra sussurrarti all’orecchio parole dolci e sensuali. È una modalità che per me è stata una scuola; e mi riferisco soprattutto al canto di Joao Gilberto e Caetano Veloso, che non è mai urlato anche quando va leggermente su di tonalità. È soprattutto a questi due grandi maestri che devo il mio stile canoro».

C’è buona parte di Messina nel disco: alcune registrazioni a Spadafora, i cori del Glorius Vocal Quartet e la produzione artistica a cura del musicista peloritano Tony Canto. Quanto è stato importante il loro ruolo nella realizzazione dell’album?

«Tony è stato fondamentale come arrangiatore e produttore del disco, e ha messo a disposizione il suo studio di casa. Le Glorius hanno dato ad alcuni pezzi un sapore retrò che ricorda il canto degli anni ’40 e le colonne sonore del cinema italiano degli anni ’70 di Ortolani e Cipriani. Uno stile che è anche un Brasile di ritorno». Ospiti del disco Patrizia Laquidara in “Maledetta primavera” (Loretta Goggi) e Joe Barbieri in “Vita” (Dalla e Morandi).

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