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Crisi politica e prospettive in Sicilia, Musumeci: "Il nostro nemico è la rassegnazione"

Il presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci

Presidente, non è da sciagurati aprire una crisi alla vigilia di una manovra che senza correttivi peserà sulle spalle dei cittadini e delle imprese, con 23 miliardi di aumento dell'Iva, cioè 541 euro in più all'anno per ogni famiglia?

Purtroppo sono esplose le contraddizioni di un governo litigioso, rissoso, con una delle parti (i Cinquestelle) che ha mostrato tutti i propri limiti nell'azione di governo. Il capolinea era inevitabile, non c'è mai un momento giusto per aprire una crisi. Difficile distinguere quando finisce il buon senso e prevale la tattica. Il contratto di governo faceva a pugni con la ratio della buona politica. Non basta una intesa programmatica per governare l'Italia: occorre omogeneità culturale e valoriale, una comune visione della vita. Nulla di tutto questo si può esplicitare in un contratto.

Subito alle urne o governo di transizione?

I tempi li stabilisce il Quirinale. Nessuno di noi può esercitare forzature. Ci si affida al Colle. Possiamo avanzare solo ipotesi. Certo, prima si dà un governo stabile e meglio è per tutti. Io per primo ho sperato che questo calvario finisse. E anche presto. Eravamo noi Regione tra le vittime di un governo che parlava a più voci: dal Ponte sullo Stretto, all'Autorità portuale, dalle vertenze alle opere pubbliche, abbiamo registrato un'interlocuzione inadeguata, senza logica e strategia.

Però ha riconosciuto che con il ministro Lezzi avete lavorato in perfetta sintonia...

E confermo il giudizio positivo per l'impegno profuso a sostegno delle regioni del Sud e della Sicilia, in modo particolare per la certificazione dei fondi europei. Occorre rivedere tempi e percorsi burocratici, le procedure sono incompatibili con le esigenze di un'area fortemente degradata che deve invece correre e non impantanarsi nei labirinti burocratici. Un cantiere non può aprire dopo dieci anni!

Lei ha alzato le barricate contro l'autonomia differenziata, cavallo di battaglia della Lega. Eppure Salvini è il leader della sua coalizione…

Siamo autonomisti nel codice genetico e non possiamo essere gelosi dell'autonomia rivendicata dagli altri. Ma se il riconoscimento della autonomia alle regioni del Nord deve diventare una ghigliottina per il Sud, allora noi non ci staremo. Non può essere la nostra tomba, abbiamo pagato abbastanza. Ecco perché ho chiesto al premier Conte un tavolo con tutti i governatori italiani. Le conseguenze si riverbereranno su tutte le regioni.

Questo non pregiudica l'alleanza con Salvini?

Ma no! Prevarrà il buon senso di tutti, basta confrontarci. La Lega è socio fondatore del centrodestra ed il mio movimento è la componente autonomista del centrodestra. Alle politiche sosterremo la coalizione: come farlo e con chi farlo lo deciderà l'assemblea generale di “Diventeràbellissima”. Ho un buon rapporto con Salvini, Berlusconi e Meloni: hanno condiviso e sostenuto la mia candidatura alla presidenza. Parliamoci chiaro: il centrodestra è maggioranza morale tra gli italiani e oggi lo sarebbe anche in parlamento. Che poi all'interno della coalizione ci siano sensibilità diverse mi sembra normale. L'importante è tornare alla compattezza del 1994, magari con una maggiore capacità di garantire la discontinuità e con più attenzione ai territori. Perché forse nel passato abbiamo sciupato qualche buona occasione.

C'è un abisso che divide i giochi di Palazzo dalle esigenze di una Sicilia che non riesce a costruire prospettive e speranze.

Abbiamo bisogno di uno sforzo straordinario. Non a caso ho evocato una sorta di Piano Marshall del 2000, legato non tanto a risorse aggiuntive quanto alla possibilità di spendere presto e bene i fondi di cui già la nostra regione dispone. Il Sud non ha ancora una visione organica e la sua proiezione futura non può che incastonarsi nel bacino euro-afro-asiatico. Il governo nazionale deve varare un Piano straordinario per il Mezzogiorno. E applicare sanzioni per le regioni che non rispettano il cronoprogramma. In cinque anni, in deroga alle procedure vigenti, bisogna fare quello che non si è fatto in venti. Altrimenti il Sud continuerà a polverizzare la spesa senza creare un polo di sviluppo.

Intanto non si ferma la fuga dei giovani che scelgono di costruire il loro futuro fuori dalla Sicilia.

Un fenomeno dolorosissimo, l'ho vissuto sulla mia pelle, visto che uno dei miei figli ha dovuto lasciare la Sicilia per lavoro. Ed è una sofferenza, almeno sul piano affettivo. Noi siciliani abbiamo un nemico storico che è la rassegnazione e che appartiene al nostro dna. Occorre ricostruire la fiducia, offrendo un'alternativa al biglietto di solo andata. E purtroppo il nostro tessuto imprenditoriale è debole, non ci sono grandi aziende. E questo perché nei decenni passati non si è investito su un modello di sviluppo definito e chiaro. Ai giovani arriva quindi un messaggio confuso e poco convincente. Ecco il senso della fuga. Il mio governo sta cercando sia di valorizzare la piccola impresa, sia di convincere il capitale straniero a scommettere sulla Sicilia. Ma da soli non ce la facciamo. Serve una task force del governo nazionale per incentivare investimenti stranieri. Guardi il caso Blutec (ex Fiat di Termini Imerese): noi saremmo disposti a investire in quell'area anche 20, 30 milioni in ammodernamento, se ci fosse una grossa impresa pronta a scommettere. E poi: se l'Europa non introduce nel Sud Italia particolari incentivi fiscali verrà a mancare il presupposto della convenienza. Si sa: da sempre il capitale va dove il lavoro costa di meno.

C'è anche un modello formativo da rivedere?

Certo, l'impresa deve tornare a parlare con la scuola. Lavoro manuale e lavoro intellettuale, camice bianco e tuta blu hanno la stessa dignità. Abbiamo creato dopo il Sessantotto falsi miti e oggi il mercato cerca manodopera qualificata che non sempre trova. Il mio governo sta dando risposte con le politiche del lavoro, abbiamo assicurato la copertura a 6000 precari stabilizzati nei Comuni e 4000 nella sanità. Abbiamo finalmente sbloccato i concorsi, fermi al 1991. La Regione potrà così avere nuovi ingegneri, avvocati, geologi ed anche centinaia di nuove guardie nel Corpo forestale. Ma dobbiamo combattere lo spirito di rassegnazione, rimboccarci le maniche e aiutare i giovani a scommettere di più sul proprio fosforo. Per fortuna, non siamo più ultimi nelle startup giovanili, siamo fra le prime regioni e abbiamo superato anche in Piemonte.

Nel processo formativo anche le nostre università dovrebbero alzare il livello di qualità?

Non mi sento di fare pagelle. Ci sono note positive e altre meno. La Regione, a favore degli atenei, ha raddoppiato le borse di studio e finanziato nuovi dottorati e i servizi degli Ersu. Serve molto di più da parte dello Stato, perché un terzo degli studenti siciliani si iscrive fuori. La mobilità passiva va fermata.

Il suo governo ha una coalizione senza maggioranza. Non rischia di tirare a campare in un processo logorante di mediazioni, tra gli umori di Miccichè e le rivendicazioni di un deputato che si considera indispensabile?

Il mio governo non ha mai subito pressioni, né del presidente Miccichè né di altri. Non consentirei a nessuno interferenze che vadano al di là della ragionevole e fisiologica dialettica di coalizione. Non abbiamo una maggioranza ma non ci lanciamo in campagna acquisti. E le leggi proposte dal nostro governo vengono votate anche dalle opposizioni. Va dato atto e merito. Alla fine di quest'anno si completa il biennio di governo e iniziamo a raccogliere i primi risultati, raggiunti con tanta fatica, se si pensa da dove siamo partiti. Abbiamo accelerato la spesa e aperto un centinaio di cantieri. Siamo la prima regione italiana nella lotta contro il dissesto idrogeologico e la erosione della costa, con circa duecento milioni di euro; stiamo pulendo decine e decine di fiumi invasi da detriti ed erbacce, rimasti abbandonati per decenni, con una spesa di oltre 36 milioni di euro. Abbiamo già dato ai siciliani una legge sulla semplificazione burocratica, sul diritto allo studio e sulla pesca. E sono pronte quelle sul governo del territorio, sui rifiuti, sui consorzi di bonifica, sulla casa e sulla polizia municipale.

Messina ha uno scrigno prezioso, l'area falcata. Qual è il ruolo della Regione?

La mia funzione può essere di stimolo e coordinamento, visto che alla Falcata la Regione non ha terreni. De Simone (commissario dell'Autorità portuale) ha fatto un buon lavoro. Si tratta di capire se chi verrà dopo continuerà nel solco tracciato. Siamo disponibili a cofinanziare la bonifica delle aree, immaginando la possibilità - perché no? - di trasferire in quell'area la nuova biblioteca regionale. E in questa fase voglio ribadire l'impegno assunto per l'ex ospedale Regina Margherita, dove sono in corso le operazioni per la verifica della vulnerabilità sismica. Il primo padiglione sarà ristrutturato e attrezzato per ospitare il nuovo museo archeologico.

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