L’arte contemporanea, la scomunica di Sgarbi e le prossime elezioni creano nel governo regionale siciliano un nuovo ingorgo. Il coro circuito costringe l’assessore ai Beni culturali a un’imbarazzante marcia indietro sulla realizzazione della mostra promossa dalla Fondazione Merz a Segesta. Quello di Musumeci è stato un ultimatum indotto dal pluridecorato critico d’arte e da un dispettuccio politico in chiave antiLega, il partito di Samonà, il quale da assessore si è buttato a capofitto (senza dimettersi) nella campagna elettorale di Palermo.
«L'allestimento artistico attualmente ospitato a Segesta va spostato in altro luogo», ha ordinato il governatore, annunciando il provvedimento «già firmato» da Samonà e finalizzato «a far sì che ogni singolo allestimento di arte contemporanea da realizzarsi in aree e Parchi archeologici – scrive Samonà – venga preceduto dalla presentazione, da parte del soggetto proponente, di un dettagliato progetto espositivo da sottoporre alla autorizzazione dipartimentale».
Eppure era stato lo stesso assessore Samonà ad accogliere il progetto a braccia aperte, esaltando il dialogo tra antico e moderno. Uno sguardo moderno che s’inoltra negli abissi della storia: «Negli stessi mesi in cui la Regione promuove la ripresa di innumerevoli missioni archeologiche – affermava l'assessore regionale ai Beni culturali nella cerimonia d’inaugurazione della mostra – si cercano nuovi codici di lettura come in questo caso. È un’iniziativa che nasce dall'idea che i nostri i nostri templi, i luoghi dell'archeologia, non sono solo appannaggio di studiosi e turisti, ma sono soprattutto spazi aperti alla riflessione e all'ascolto».
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