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Schifani vs Miccichè: in Sicilia Forza Italia contro Forza Italia

Fratelli d’Italia propone l’ex presidente del Senato, nemico giurato di Miccichè che mobilita il partito siciliano per scongiurare la scelta. Nel centrodestra la trattativa per il candidato governatore è diventata una farsa

«Più in basso di così c’è solo da scavare...». La frase nella canzone di Daniele Silvestri è il fotogramma che racconta la deriva inarrestabile del centrodestra, frantumato dalle faide interne e dai veti incrociati. Ieri doveva essere la giornata per imboccare la “terza via”, delineando il profilo del candidato alla guida della Regione, dopo il no a Musumeci e alla Prestigiacomo. E invece la trattativa è sprofondata fino al collo nella palude che da giorni fa da “humus” al confronto tra i parenti-serpenti della coalizione. Così Fratelli d’Italia gioca il suo “jolly” maligno, non in un’ottica unitaria, ma per provocare reazioni dirompenti nel partito.
Bersaglio centrato. Il plenipotenziario di Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, sfodera la proposta di candidare Renato Schifani. Un “mantello rosso” per Gianfranco Miccichè che come un toro va fuori giri, mentre l’ex presidente del Senato incassa i consensi dei “cespugli”, da Lombardo a Cuffaro.

Schifani è il nemico giurato di Miccichè, regista della corrente di dissidenti (tra cui gli assessori Falcone e Armao) che sta insidiando il feudo siciliano del commissario regionale. Fratelli d’Italia si fa forte di una scelta coerente con le indicazioni di Berlusconi. Ma in realtà se Miccichè dovesse scegliere tra Musumeci e Schifani preferirebbe a occhi chiusi il governatore uscente. E infatti dopo qualche ora di incredulità e imbarazzante silenzio (con la Lega al guinzaglio ovviamente) si fa largo la reazione alla mossa di Fratelli d’Italia: «Il centrodestra unito è un valore assoluto, imprescindibile. Forza Italia è baricentro del centrodestra e si candida a guidare la Regione siciliana.

Fermo restando l’autorevolezza e la statura politica sia del presidente Renato Schifani sia dell’on. Stefania Prestigiacomo, tutta Forza Italia Sicilia si stringe attorno al proprio commissario regionale, l’on. Gianfranco Miccichè, ritenendolo oggi l’unico soggetto in grado di poter rappresentare tutte le componenti del Partito siciliano e in grado di portare al successo tutta la coalizione di centrodestra». Un no a caratteri cubitali all’ipotesi Schifani attraverso una prova di forza orchestrata da Miccichè che così ribadisce: il partito in Sicilia sono io, senza il mio consenso non ci sarà il candidato unitario. E per rafforzare lo sbarramento attribuisce la nota a tutti «i parlamentari regionali, gli assessori regionali e tutti i commissari provinciali di Forza Italia in Sicilia». Peccato che, per esempio, il vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, non ha firmato il documento.

E forse anche altri che sono stati trascinati di peso nella trincea per difendere il re sotto scacco, spiazzato dalla carta Schifani. D’altronde Ignazio La Russa neanche ci pensa a informare Gianfranco Miccichè prima di rendere ufficiale la scelta. Una mossa ritenuta «scorretta e provocatoria» da chi aveva già dovuto digerire il «no» di Giorgia Meloni a Stefania Prestigiacomo, la prescelta dal Cavaliere. Tant’è che a fare rumore è il silenzio tombale, almeno fino all’imbrunire, dei dirigenti azzurri attorno al nome di Schifani. Poi la nota che esalta un partito che pende dalle labbra di Miccichè. Ma non è così. Da mesi Forza Italia in Sicilia è dilaniata da un feroce scontro interno, con l’ala governativa che avrebbe voluto il “Musumeci bis”. Oggi siamo quasi all’epilogo. In serata Matteo Salvini raggiunge Berlusconi a Villa Certosa in Sardegna. Chi tra i leghisti voleva sfornare il comunicato stampa pro-Schifani viene stoppato. Il Carroccio in Sicilia è trainato da Miccichè.

Intanto da oggi si depositano i simboli elettorali per le Regionali del 25 settembre, ci sarà tempo fino alle 16 di domani. Nel centrodestra la trattativa è precipitata nella farsa. E questo punto sarà difficile che la soluzione a tempo scaduto (Miccichè tira fuori il nome di Barbara Cittadini, presidente dell’Aiop) possa mascherare la falla che si è aperta in una coalizione con i veleni alla gola.

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