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Gli incendi che devastarono la Sicilia nel 2023, da Roma no all'emergenza nazionale. Duro Schifani, Musumeci convoca Curcio e Cocina

Fibrillazioni in casa Centrodestra. L'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la decisione della Protezione civile, che dipende dal ministro siciliano, dopo i roghi della scorsa estate che causarono 6 morti e danni per circa 150 milioni

Continuano le fibrillazioni nel centrodestra sia a livello nazionale che siciliano. L'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la decisione della Protezione civile, che dipende dal ministro siciliano Nello Musumeci, nel negare lo stato di emergenza nazionale in Sicilia dopo gli incendi della scorsa estate che causarono 6 morti e danni per circa 150 milioni. Questa decisione ha sorpreso la Regione Siciliana che non ha gradito. "Non condividiamo e troviamo ingiustificato il rigetto della richiesta dello stato di emergenza per gli incendi che dal 23 luglio hanno colpito la nostra Isola". Non usa mezzi termini Salvatore Cocina, capo della Protezione civile regionale, per esprimere tutta la contrarietà al provvedimento. Con una nota a firma del capo della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio, infatti, viene sottolineato come "pur comprendendo il disagio determinatosi in conseguenza degli eventi, gli stessi dovranno essere fronteggiati nell’ambito dei poteri e delle competenze attribuiti dalla normativa vigente alle Amministrazioni e agli Enti ordinariamente preposti".  Secondo Curcio "sulla base della documentazione fornita e degli esiti dei sopralluoghi tecnici, pur riscontrando numerose situazioni di disagio, prevalentemente temporanee, e di puntuali danneggiamenti, si è valutato che gli eventi non siano tali da giustificare l’adozione di misure che trascendono le capacità operative e finanziarie degli enti competenti in via ordinaria".

La replica di Cocina è netta: "Il rigetto oggi, a gennaio, appare peraltro intempestivo in quanto la prima richiesta della Regione è del 28 luglio, il giorno dopo la fine degli incendi, poi da noi integrata il 31 agosto e il 4 ottobre con le ordinanze e i provvedimenti di sgombero dei comuni. Sono passati ben tre mesi dopo la nostra ultima nota. Nel merito - osserva ancora -, la Protezione civile nazionale rileva, fra l’altro, a dimostrare che non si tratterebbe di emergenza di livello nazionale, che non c'è stata attivazione del volontariato fuori regione, ma ciò non appare rispondente alla realtà in quanto, già in primavera, avevamo chiesto a fini precauzionali, l’intervento dei volontari di altre regioni". Inoltre, spiega ancora il capo della Protezione civile regionale, "abbiamo avuto in Sicilia l’apporto di solo due Regioni in quanto le altre erano impegnate per l’alluvione in Emilia Romagna".

Per questo "riteniamo ingiusto motivare il rigetto della nostra richiesta di emergenza nazionale con la mancanza formale di un numero sufficiente di ordinanze di evacuazione che pur abbiamo richiesto ai comuni. Nel 2021, con analogo scenario di danni, non fu chiesta e prodotta tutta questa documentazione e l’emergenza fu dichiarata dal Consiglio dei ministri. Certo, fu dichiarata insieme con altre regioni del Sud mentre in questo frangente l'emergenza ha colpito pesantemente solo la Sicilia". Cocina ribadisce quindi che "contesteremo tecnicamente questa valutazione e chiederemo che essa venga rivalutata, nella convinzione che ci debbano sempre essere un leale confronto e una sostanziale e non solo formale collaborazione fra le istituzioni a tutela dei cittadini". Quindi confida che "con la Protezione civile nazionale troveremo soluzione, fermo restando che la Regione ha fatto e farà la sua parte per i contributi economici ai cittadini danneggiati".

Schifani: "Non è lo Stato in cui mi riconosco"

"Uno Stato che nega ai cittadini il risarcimento di un danno di pubblico dominio, subito per colpe o eventi altrui, e lo fa sulla base di cavilli procedurali non applicati prima, non è lo Stato in cui mi riconosco. Uno Stato che viene meno al principio della leale collaborazione dei suoi vari livelli, così come previsto dall’articolo 120 della Costituzione, non è lo Stato in cui mi riconosco". Lo afferma il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, a seguito del mancato riconoscimento, da parte del dipartimento nazionale di Protezione civile, dello stato di emergenza per gli incendi che hanno colpito l'Isola nello scorso luglio. "Contrasteremo - prosegue Schifani - questo ingiusto provvedimento in ogni sede amministrativa, giudiziaria, istituzionale e politica".
"Ma assicuro i siciliani danneggiati dagli incendi estivi che se lo Stato centrale li vorrà abbandonare, non lo farà la Regione da me guidata, perché la tutela della collettività di un popolo e la sua tenuta sociale costituiscono un principio sacro e irrinunciabile. Mi accingo a convocare per la giornata di domani una seduta straordinaria della giunta di governo per le determinazioni del caso", conclude Schifani.

Musumeci convoca le due Protezioni Civili

«Ho convocato per mercoledì a Roma i direttori dei dipartimenti della Protezione civile nazionale e regionale per un riesame della pratica relativa agli incendi estivi in Sicilia, nel tentativo di trovare una possibile soluzione - replica il ministro per la Protezione civile Musumeci -. I due direttori, Fabrizio Curcio e Salvo Cocina, già da agosto si confrontano sul tema, ma senza trovare una intesa - mi riferiscono gli uffici romani - per carenza di documentazione da parte della Regione. Diverso invece il discorso sulle altre calamità: solo nel 2023, infatti, all’Isola sono state destinate da Roma risorse per circa 94 milioni di euro. Il difetto sta nella relativa norma del Codice di Protezione civile, che va rivista, assieme ad altri adeguamenti. Ci stiamo lavorando e presto la cambieremo».

Pd, "Il governo Meloni discrimina la regione"

«Già ad ottobre avevamo denunciato la discriminazione operata dal Governo Meloni nei confronti della Sicilia e il mancato riconoscimento dello stato di calamità conseguente agli incendi. Con mesi di ritardo oggi assistiamo alla confessione di Musumeci ed al solito intollerabile scaricabarile. La verità è che la Sicilia ed i siciliani non trovano spazio nell’agenda del governo. Da luglio solo comunicati e promesse di intervento ma nessun atto concreto. Anzi il governo Meloni bocciava a più riprese le nostre proposte per intervenire finanziariamente. Che differenza con la solerzia, giusta, per ristorare i danni nelle altre regioni». Così in una nota i parlamentari del Pd Anthony Barbagallo e Antonio Nicita. «Solo oggi, cioè 6 mesi dopo i roghi, Musumeci convoca un tavolo tra gli uffici di Roma e Palermo - aggiungono - Solo oggi, ripetiamo 6 mesi dopo i roghi, Schifani si indigna e si ricorda di essere al governo della Sicilia. C'è da sperare che, una volta svegliatosi, il governatore non conceda il bis rispetto alla vicenda dello scippo per i fondi del fsc e che, dopo le bellicose dichiarazioni, non si appiattisca ubbidiente ai desiderata di Roma e del governo centrale. Intanto da sei mesi la Sicilia aspetta. Aspettano le aziende danneggiate, aspettano i comuni, aspettano le famiglie che hanno perso la casa».

 

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