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Quelle fotografie firmate Sciascia, all’inaugurazione anche Roberto Fico

Ci sono luoghi che sanno attendere e tra questi Racalmuto, il paese di Leonardo Sciascia, un paese che chiede di essere guardato, di essere percorso nelle stesse strade, negli stessi larghi che si aprono improvvisi, sugli stessi passi dello scrittore (la statua bronzea dello scultore racalmutese Giuseppe Agnello è lì, nella “sua” via della passeggiata, di fronte alla bella Chiesa Madre).

Racalmuto, che in un’azzurra mattina di settembre, con la sua luce meridiana e antica e i suoi abitanti gentili e ospitali, celebra il “suo” Leonardo Sciascia, qui nato, qui presente e vivo, qui atteso. Si avvicina un anniversario importante, che in sé tiene il seme della speranza della rinascita, cento anni da quel gennaio del 1921 quando nacque lo scrittore, e che Racalmuto e la Fondazione Sciascia celebreranno con incontri, mostre, memorie. Celebrazioni iniziate ieri con una mostra speciale, uno Sciascia “sconosciuto”, che vive l’avventura della fotografia con la medesima illuminazione della scrittura, a svelare angoli, paesaggi, persone, prospettive e simmetrie, luci ed ombre.

La mostra – inaugurata nella sede della “Fondazione Leonardo Sciascia” alla presenza del presidente della Camera Roberto Fico, di autorità, di studiosi, di giornalisti e dei familiari dello scrittore, la figlia Annamaria con il marito Nino Catalano e il nipote, il regista e scrittore Fabrizio Catalano – raccoglie una silloge di ventisette fotografie inedite, scattate negli anni ‘50 del secolo scorso, immagini intime e profonde generosamente donate dalla famiglia Sciascia-Catalano alla Fondazione.

Aperta al pubblico da oggi e visitabile dalle 9 alle 13, la mostra resterà allestita fino al 20 febbraio (accessibile al pubblico lunedì, mercoledì e sabato dalle 9 alle 13 e martedì, giovedì e venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 18, con prenotazione obbligatoria per i gruppi, composti al massimo da venti persone).

A ricordare l’intellettuale, il suo magistero morale, la sua lezione di cultura e di onestà sono stati, assieme a Fico (che ha voluto rammentare l’impegno politico del grande intellettuale e le sue battaglie improntate alla difesa della libertà, contro ogni forma di impostura), Zino Pecoraro, coordinatore dell’evento, Enzo Sardo, assessore alla cultura del Comune di Racalmuto, il sindaco Vincenzo Maniglia, Antonio Di Grado, italianista e direttore scientifico della Fondazione e Fabrizio Catalano, coordinatore delle manifestazioni legate al centenario. «Mio nonno rifuggiva dalle celebrazioni telecomandate – ha detto Catalano – ma la ricorrenza del centenario deve servire sia a proiettare da un posto piccolo come Racalmuto il nome di Sciascia nel mondo, sia a chiederci perché questa nostra società sia diventata povera di intellettuali. Molte persone mi hanno chiesto cosa mio nonno avrebbe pensato di questi tempi tristi di emergenza Covid. Avrebbe detto sicuramente che il coronavirus è il frutto di una società che non ha anticorpi contro la sete di profitto illimitato, che esso è la conseguenza di un corto circuito tra progresso tecnologico, estremo sviluppo ed estreme povertà».

«Una figura di intellettuale che rischia di scomparire, umile e grande per il suo costante impegno nello smascherare le imposture dei potenti e dei loro docili valletti» ha aggiunto Di Grado, uno degli amici del “professore”, che ha ricordato come la Fondazione, ente morale giuridicamente riconosciuto, istituita dal Comune di Racalmuto d’intesa con lo scrittore, è stata voluta dallo stesso Sciascia per conservarne la memoria. Uno storico edificio (ex sede di una centrale Enel) oggi luogo di cultura e di studio, con una pregevole collezione di ritratti di scrittori, quasi tutte le edizioni italiane e straniere dei libri dello scrittore, le lettere ricevute in mezzo secolo d’attività letteraria, circa 2000 volumi della sua biblioteca, e carteggi, e registri scolastici del maestro Sciascia, annotati con la sua fine, emozionante grafia, con la cronaca puntuale della quotidianità scolastica, di per sé già una narrazione. E ancora tante foto in bianco e nero, il mondo di Sciascia e delle sue relazioni umane fermato dai fotografi Minnella, Scianna, Leone e dal genero Nino Catalano.

«Certo la Fondazione – ha continuato Di Grado – non ha il potere di intervenire concretamente nelle battaglie dei nostri tempi, ma può proporsi umilmente, sciascianamente direi, come difesa della memoria. Il nome di uno scrittore, il titolo di un libro, diceva Sciascia, a volte possono suonare come quello della patria. E perché no la fotografia? Chissà che scorrendo quelle immagini, lui che diceva come nel ritratto fotografico si realizza un’attendibilità che restituisce il senso di quella vita, di quella storia, di quell’opera compiutamente, in “entelechia”, chissà non abbia riflettuto sulla prefigurazione e compimento del destino».

Una fascinazione, quella di Sciascia per la fotografia, con la sua barthesiana folgorazione per lo studium e il punctum, con la sua forza di espansione che deriva da quella agitazione interiore, da quell’interesse speleologico – lo studium appunto – per l’umano, nella sua contingenza e nella sua necessità di “parlare”, guardare le cose mentre accadono e vedere in questo accadimento tutte le foto possibili, che sia una vecchia casa di campagna o una capra, una via di paese o una chiesa, un bambino o una donna, le figlie tanto amate o l’adorata moglie, un borgo attraversato o una città, i silenzi e il movimento.

«L’istante genera la forma, e la forma genera l’istante», scriveva Sciascia, citando una definizione che Paul Valéry diede della danza, come riporta Diego Mormorio, storico e critico della fotografia, curatore della bella mostra (suo il video proiettato nella giornata di inaugurazione), nella prefazione di “Leonardo Sciascia. Sulla fotografia” (Mimesis), il catalogo con le ventisette fotografie del “professore”, e, in calce, due interessanti scritti di Sciascia, “Il ritratto fotografico come entelechia” e “Gli scrittori e la fotografia”, che mostrano il suo interesse per le tecniche fotografiche e per la storia stessa della fotografia.

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