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L'antica e mitica Opera dei pupi: Mastro Cuticchio, cuntaci il futuro

Un cammino lungo cinquant’anni, fatto di storie dal fascino millenario, incontri con musica, danza, arti figurative. Tradizione sempre viva, alimentata da passione e maestria: Mimmo Cuticchio, contastorie, attore, autore, regista teatrale, erede diretto della tradizione palermitana dell’Opera dei pupi, riconosciuta dall’Unesco quale patrimonio orale e immateriale dell’umanità, quest’anno festeggia i cinquant’anni della sua compagnia “Figli d’arte Cuticchio”. Un traguardo importante da festeggiare nonostante i teatri, ancora, siano chiusi.

Nasce così una rassegna in 10 tappe, per raccontare il passaggio “dalla piccola alla grande scena”. La compagnia apre lo scrigno del suo archivio per mostrare al pubblico gli spettacoli più importanti e significativi anche dal punto di vista storico e documentale e raccontare storia ed evoluzione del percorso artistico di Mimmo Cuticchio e dell’Opera dei pupi. Si parte oggi, col “Gran duello di Orlando e Rinaldo per amore della bella Angelica” del 1971 per arrivare al 10 giugno con la produzione di quest’anno, “La fuga di Enea e la ricerca di una nuova patria”. Gli spettacoli saranno online su Italiafestival o su Ray Play alle 18.30 ogni giovedì e poi disponibili on demand.

Mimmo Cuticchio è “puparo” ed “oprante” perché costruisce e “dà vita” ai pupi, ed è “cuntista”, abile affabulatore e narratore di saghe cavalleresche e sogni teatrali. Nasce nel 1948, in una famiglia di “opranti” che dopo la guerra gira nei paesini per rappresentare il ciclo della Storia dei paladini di Francia. Da allora sono trascorsi 73 anni durante i quali Cuticchio non ho mai smesso di lavorare, studiare, ricercare, “vivere” con i pupi e il mondo che li anima. Un “mestiere” complesso che racchiude sapienza, abilità manuali e una poesia narrativa capace di evocare mondi, per un linguaggio dall’immensa forza comunicativa che si scontra con la velocità della modernità ma non smette mai di produrre bellezza, sogni e magia.

«Nel 1971, con i miei fratelli, ho fondato la compagnia Figli D’Arte Cuticchio. Facevamo spettacoli per le scuole, nei festival, nelle piazze. Nel 1973 pensai di dare una casa ai pupi, ai fondali, alle scene». Nasce il teatro in via Bara all’Olivella, in un quartiere del centro storico di Palermo allora abbandonato dove nel tempo sono sorte botteghe artigiane, attività commerciali. «C’era una piccola cappella dedicata a Santa Rosalia nella parete dell’uscita di sicurezza, così, quando un giornalista mi chiese se il teatro avesse un nome, improvvisai “teatro dei Pupi Santa Rosalia” – ricorda Cuticchio – . Iniziò un percorso antropologicamente corretto: avevamo cominciato con la storia dei paladini di Francia a puntate per i ragazzini del quartiere e della Vucciria, per rifondare il pubblico, ma volevo anche guadagnarne uno nuovo, di adulti e curiosi. Così ho pensato a nuove storie, con inizio e fine, di modo che non si fosse obbligati a tornare. Mi ricordai che quando ero militare, nel 1968, avevo letto tutti i libri di Alexander Dumas, pensai al personaggio palermitano di Cagliostro, un alchimista che usava la filosofia e decisi di sostituirlo al mago Malagigi, al posto della durlindana tirava fuori dal taschino del gilet la pietra filosofale. Mi documentai e sceneggiai il mio spettacolo».

Arriva così il primo copione, con battute precise che si fondevamo alla forza e all’estemporaneità del teatro dei pupi e tante nuove storie e personaggi. «Presentare gli spettacoli con inizio e fine ha funzionato – racconta Cuticchio – e già a partire dagli anni Settanta fuori dalla Sicilia le nuove storie proposte da un figlio d’arte che veniva dalla tradizione furono molto apprezzate, nonostante a Palermo facessi fatica a trovare un nuovo pubblico. Nessuno mi avrebbe convinto a cambiare mestiere, non consideravo l’antico come vecchio e quelli furono anni di sperimentazione. Non esiste una tradizione ma esistono le tradizioni: da mio padre a me c’è qualcosa che resiste e qualcosa che muta. Come un fiume, il suo letto, gli argini sono antichi, ma l’acqua non è mai sempre la stessa. Ho iniziato a curare scene, fondali, illuminotecnica».

Ascoltare il maestro Cuticchio significa immergersi in una memoria poderosa e arcaica che aiuta a comprendere un presente confuso e incerto. Anche durante la pandemia e il lockdown, Cuticchio non ha smesso di viaggiare e sognare insieme ai suoi pupi: «Quando ho capito che la cosa andava per le lunghe mi sono detto: se la nave si ferma i lavori possono continuare, e così ho iniziato a restaurare i pupi senza mai fermarmi. 1200 pupi da spogliare, pulire, ripristinare se necessario, un lavoro radicale che mi ha molto appassionato, era quello che facevo a bambino, accudire i pupi». Un ritorno all’infanzia, all’apprendistato per osservare la forza del pupo nudo: «È una meraviglia, ti accorgi come sono i migliori attori portatori della forza e bellezza del teatro antico. Il teatro greco – osserva Cuticchio – si faceva da una parte con le maschere e dall’altra con i neurospasta, le marionette del tempo, in mano a degli opranti, una sorta di sacerdoti ispirati per raccontare le storie degli dei. Ecco insieme il fato, le storie, gli dei, l’oprante e i pupi, che rappresentavano gli uomini: un’idea straordinaria di straniamento e comunicazione».

Impossibile stare fermi, così tra ottobre e novembre nasce l’idea di raccontare l’Eneide, per ripartire con un nuovo viaggio e parlare di esilio e migrazione. «I pupi hanno gli occhi aperti, mi guardano quando li aggiusto, li ordino, così con mio figlio Giacomo, musicista, e con la compagnia abbiamo pensato di montare l’Eneide, preparando un copione e dando vita a nuovi pupi. L’idea era di ripartire il 27 marzo ma non è stato possibile. I pupi, pronti per andare in scena, erano tristi, e allora con mio figlio ed Elisa, mia moglie, che si occupa dell’organizzazione, abbiamo deciso di mandare in streaming l’Eneide, insieme ad una rassegna per dare il senso di come negli anni siano mutate storie, scene. Dalla crisi nasce un’opportunità, mio padre diceva che la televisione ci avrebbe ucciso, adesso io ho il mio riscatto: il pubblico non viene a teatro ma io vado a trovarlo nelle case».

A completare la rassegna il 15 aprile “Visita guidata all’Opera dei pupi” del 1989, il 22 aprile “Don Giovanni all’Opera dei pupi” del 2002, il 29 aprile “Aladino di tutti i colori” del 2007, il 6 maggio “O a Palermo o all’inferno” del 2011, il 13 maggio “A singolar tenzone” del 2018, il 20 maggio “La pazzia di Orlando” del 2019, il 27 maggio “Medusa” sempre del 2019, il 3 giugno “L’ira di Achille” del 2020, da seguire anche sul canale YouTube della compagnia.

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