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Quant’è umano quel Prometeo! La tragedia di Eschilo inaugura la stagione Inda di Siracusa

Nessun sito industriale abbandonato. Piuttosto un simbolo, un non luogo abbandonato, nel quale non ci sono uomini. Dove si assiste ad una tortura pazzesca, causata da un atto di amore. Il «Prometeo incatenato» di Eschilo (nella traduzione di Roberto Vecchioni) che aprirà domani la 58esima stagione delle rappresentazioni classiche al teatro greco della Fondazione Inda guarda al progresso dell’uomo incapace di un dialogo con la natura, e capace solo di sovrastarla. Al regista pugliese Leo Muscato, alla sua prima nell’antica cavea («Che dono, lavorare qui, che fortuna!»), il compito di raccontare il desiderio da parte dell'uomo di fare qualunque cosa per poter fare un profitto.

«Non si tratta di farne un’ambientazione contemporanea – ci dice il regista – . Non ci sarebbe nulla di più sbagliato, perché è una trama che non ha nulla di ordinario, non ha nulla di quotidiano. È una storia in cui l'uomo è assente: in scena solo dei, semidei e titani. Quindi non c'è nulla che può rimandare a qualunque tipo di epoca. Questa fabbrica racconta di qualcosa che è stato. Uno dei temi fondamentali dell'opera è la storia del progresso dell’uomo: Prometeo, colui che ha insegnato all'uomo l'utilizzo delle tecniche, viene incatenato in un luogo simbolo di quella tecnica donata agli uomini. La tecnica diventa il mezzo per pochi per accumulare capitali a scapito dei tanti che si trovano in mondo deturpato. Questo sito industriale potrebbe essere una centrale nucleare, un impianto siderurgico, un impianto di produzione di materie prime, ma in realtà non è nulla di concreto. Quello che è certo è che c'è un binario morto dal quale arrivano tre dèi che devono incatenare il semidio. Inchiodandolo in un luogo del genere, è come se inchiodassimo lo spettatore ad un visivo che in maniera subliminale possa parlargli. Quindi non si tratta di una fabbrica abbandonata, quanto di un luogo simbolo distrutto e arrugginito. Dalle cisterne che sembrano contenere oli arrivano le oceanine. Quindi arrivano da un mare che non è un mare, Oceano esce da un'altra ciminiera rotta. Mio padre ha lavorato quarant'anni all’Ilva, ma non stiamo parlando di quello. Dietro non c'è un desiderio di fare critica su qualcosa. Siamo tutti informati di che cosa sta accadendo nel mondo, quindi diciamo in qualche modo abbiamo tutti delle responsabilità».

La traduzione è di Roberto Vecchioni.
«È una traduzione che tiene totalmente conto della parola da dire quindi è una traduzione filologicamente estremamente corretta, coerente. che restituisce un linguaggio molto contemporaneo con dei picchi di poesia altissimi, per cui in alcuni momenti è una goduria sentire quelle parole e quei concetti così alti, espressi poi con un linguaggio che ti è vicino. È una storia di 2500 anni fa che parla ferocemente allo spettatore di oggi. E poi ci sono delle vette poetiche come i monologhi di Prometeo. Mi risuona una delle frasi più belle quando Prometeo dice che imparerà così a capire la differenza fra comandare e servire. Gente che sale al governo si sente nella condizione di comandare mentre dovrebbe andare con spirito di servizio. Ma in questo momento della mia vita mi ha parlato anche molto di genitorialità. Prometeo per amore di questi figli, gli uomini, ha cominciato a insegnare loro che ciò che poteva insegnare, ha convinto Atena a dar loro anche il soffio della sapienza. Ad un certo punto scopre che Zeus vuole annientare tutto il genere umano. Cosa saremmo in grado di fare di fronte a qualcuno che vuole uccidere i nostri figli? Lui si mette contro il potere, in un atto di resistenza molto forte, sapendo la punizione a cui va incontro. Una punizione che noi umani non siamo in grado di comprendere: incatenato in un luogo solitario, sottoposto alle intemperie. Per l'eternità. È una tortura pazzesca. Io la accetto, ma ai miei figli non faccio mancare quello di cui hanno bisogno. È un atto d’amore, di generosità incondizionato. Questo Prometeo è molto poco eroico ma è tanto umano».

Cast, musiche e scenografie

«Prometeo Incatenato» di Eschilo, regia di Leo Muscato, sarà in scena fino al 4 giugno. Nel cast Alessandro Albertin (Prometo), Silvia Valenti (Bia), Davide Paganini (Kratos), Michele Cipriani (Efesto), Alfonso Veneroso (Oceano), Denise Ozdogan (Io), Pasquale Di Filippo (Ermes). Nel coro delle Oceanine le corifee Silvia Benvenuto, Letizia Bravi, Gloria Carovana, Maria Laila Fernandez, Valeria Girelli, Elena Polic Greco, Giada Lorusso, Maria Pilar Perez e Silvia Pietta; le coreute Giulia Acquasana, Marina La Placa, Alba Sofia Vella. Scene di Federica Parolini, costumi di Silvia Aymonino, musiche di Ernani Maletta, direzione del coro di Francesca Della Monica, coreografie di Nicole Kehrberger.

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